La musica fa vibrare il Teatro alla Scala con un concerto dedicato al personale sanitario

Milano. Dopo il raccoglimento con il “Requiem” nelle tre cattedrali lombarde, per il ritorno nella Sala del Piermarini Riccardo Chailly sceglie di riunire nuovamente Coro e Orchestra sulle note della “Nona Sinfonia” di Beethoven, messaggio di fiducia nel futuro e nell’unione tra gli uomini. Il primo concerto, il 12 settembre, vede per la prima volta i musicisti scaligeri riuniti a pieni ranghi nel loro Teatro ed è un atto di gratitudine verso il personale sanitario che nel corso di questi mesi si è prodigato e ancora si prodiga per affrontare una situazione eccezionale. Medici, infermieri, scienziati hanno offerto assistenza e sostegno ai malati con professionalità e dedizione combattendo un male che imparavano a conoscere sul campo, giorno per giorno. Proprio questo impegno fino al sacrificio di sé è il primo elemento su cui è possibile ricostruire fiducia nel futuro della nostra Città e della nostra Regione. Alla prima serata, riservata a medici e infermieri e sostenuta da Bracco, ne seguiranno altre tre aperte al pubblico, che dopo molti mesi potrà riascoltare Orchestra e Coro scaligeri nella sala del Piermarini.
Per questo grande concerto di riapertura si riunisce un illustre quartetto di solisti. Krassimira Stoyanova, che nei mesi del lockdown è rimasta vicina alla Scala partecipando all’incisione a distanza del finale di “Simon Boccanegra”, torna nella sala dove è stata applaudita in un repertorio che spazia dalla “Marschallin” del Rosenkavalier a Ariadne, Aida e Elisabetta in “Don Carlo”. Egualmente versatile Ekaterina Gubanova, che alla Scala è stata Fricka in “Die Walküre” ma anche Eboli e Amneris oltre che mezzosoprano nella “Messa da Requiem” diretta da Riccardo Chailly. Il tenore è Michael König, che abbiamo ascoltato come Max in Der Freischütz e Bacchus in “Ariadne auf Naxos”, e il basso Tomasz Konieczny che alla Scala ha partecipato a produzioni di “Don Giovanni e Fierrabras”.
Il 2020, anno del 250° anniversario della nascita di Beethoven, ha visto le maggiori orchestre e istituzioni musicali di tutto il mondo programmare le opere del grande compositore. Il Teatro alla Scala aveva programmato un ciclo completo delle Sinfonie che avrebbe visto il direttore musicale sul podio di Coro e Orchestra della Scala, della Filarmonica e dell’Orchestra dell’Accademia, e che è stato realizzato in gran parte, mentre le sinfonie mancanti saranno programmate nei prossimi mesi. Prima tappa è stata l’esecuzione della “Sinfonia n° 4” insieme alla “Quarta di Mahler” a settembre; sono seguite le “Sinfonie n° 2 e 3” a novembre e le “n° 8 e 5” a gennaio, prima che il ciclo fosse sospeso a causa dell’emergenza sanitaria. Le serate di riapertura del Teatro riprendono il discorso interrotto aggiungendovi un sentimento più profondo, un significato particolare. Per molti anni a Lipsia Riccardo Chailly ha diretto la “Nona” a ogni Capodanno, una tradizione che ha voluto introdurre anche a Milano con l’Orchestra Verdi. Con i concerti alla Scala le note di Beethoven tornano ancora una volta ad accendere le speranze di un nuovo inizio, per il Teatro e per la Città.
Fondazione Bracco nel 2020 celebra i primi 10 anni di attività ed è lieta di confermare il sostegno al Teatro alla Scala anche in occasione del Concerto Straordinario di riapertura di sabato 12 settembre, dedicato al personale sanitario.

Il rapporto di Chailly con Beethoven è la storia di una vita ma solo nel 2011 il Maestro ha deciso di affidare al disco un’integrale sinfonica con il “Gewandhaus” di Lipsia, la più antica orchestra d’Europa di cui era Direttore Musicale e la cui tradizione beethoveniana, radicata nelle letture di Mendelssohn, era passata dalle bacchette di Artur Nikisch, Wilhelm Furtwängler, Bruno Walter fino a Kurt Masur e Herbert Blomstedt. La scelta di allora, maturata in anni di studio, esperienza e riflessione, era stata radicale: rispettare i metronomi d’autore, notevolmente più rapidi di quelli abituali, per scoprire un Beethoven autentico, anticonvenzionale e spavaldamente contemporaneo, sebbene non privo di precursori: certamente Toscanini, ma anche Szell e Gardiner. Il risultato, tra entusiasmi e resistenze, era stato un nuovo, fortissimo impulso al dibattito musicologico ma anche estetico sull’opera del compositore di Bonn. Ora, a nove anni di distanza, Chailly è tornato alle nove sinfonie con un’orchestra italiana e una prospettiva inevitabilmente trasformata ma che conserva il rigore e la forza musicale dell’approccio di allora, oggi illuminato dall’entusiasmo di un discorso musicale che riprende riallacciando i legami con la città.

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