Peter Flor e laVerdi in un “dittico” per la Beethoven Summer

Milano. “La musica è come l’amore: non puoi dire a qualcuno di amarlo senza guardarlo negli occhi”. Così Claus Peter Flor si esprime parlando dell’importanza di fare musica dal vivo. E la musica di Beethoven, protagonista assoluta della “Beethoven Summer”, è indubbiamente un messaggio d’amore per l’umanità. L’iniziativa estiva dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, dal 1° luglio al 30 agosto, sta ottenendo un sempre maggiore successo, e inizia a rappresentare per molti un appuntamento fisso settimanale. I mercoledì e i giovedì sera all’Auditorium di Milano stanno diventando un grande classico per molti appassionati e non, e sta accompagnando l’estate dei milanesi. Il 26 agosto e il 27 agosto alle 20.30 all’Auditorium di Largo Mahler (con replica venerdì 28 agosto alle 20.30 sul palco antistante il Teatro Sociale di Lecco), laVerdi suona due sinfonie: la “Sinfonia n. 8 in Fa maggiore op. 93 e la Sinfonia n. 5 in Do minore op. 67”. L’ottavo appuntamento della rassegna, in un Auditorium messo in sicurezza, in cui le distanze tra gli orchestrali e tra gli spettatori sono sempre assicurate, fa da preludio al gran finale di domenica 30 agosto, data in cui laVerdi esce allo scoperto anche a Milano (oltre a Lecco, in cui fin dal primo concerto si esibisce en plein air) e arriva sul palco dell’Estate Sforzesca, nel Cortile delle Armi del Castello, e ci arriva in pompa magna, col coro, per eseguire la Nona, “l’Inno alla Gioia”, un’ode alla fratellanza tra gli esseri umani.
Il preludio al gran finale è costituito da questo straordinario dittico sinfonico, il primo dell’intera rassegna. La Quinta, celebre per il suo motivo iniziale, interpretato dall’amico Anton Schindler come il bussare del destino alla porta del compositore, fu composta tra il 1807 e 1808, e fu eseguita per la prima volta il 22 dicembre di quell’anno. Una curiosità della prémière: avvenuta al teatro viennese “An der Wien” sotto la direzione dello stesso autore, essa fu al centro di un programma estremamente ampio, e fu affiancata da molti altri lavori beethoveniani, tra cui la Sesta Sinfonia, alcune sezioni della Messa in do maggiore, il Quarto Concerto per pianoforte e orchestra e altre composizioni ancora. La sua caratteristica più evidente è una lotta interminabile di istanze opposte, in una gigantesca visione antagonistica in perenne mutamento, che culmina nell’apoteosi del Finale.
La penultima delle sinfonie di Beethoven, “l’Ottava, l’op.93”, fu composta nel 1812 ed eseguita per la prima volta nel 1815. A proposito di questa serena e tersa composizione, scrive Alberto Savinio nel suo “Scatole sonore”, del 1955: “Beethoven qui è ragazzo: ritrova l’arte migliore e più confortante: l’arte come “una lunga infanzia”. Aggiungo che questa sinfonia è più “tedesca” delle altre: più antica tedesca (…) più nella germanità gotica, lucida, metafisica di Bach.” In opposizione netta al carattere della Quinta, l’Ottava crea un pendant estremamente interessante, contribuendo a dare un affresco il più completo possibile della complessità delle istanze umane, complessità che in Beethoven, forse, raggiunge un apice assoluto”.

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