“Non ci facciamo riconoscere”, Marco Falaguasta conduce gli spettatori in un viaggio epocale

Bologna. Sabato 15 aprile alle ore 21, al Teatro Dehon, andrà in scena la comicità elegante di Marco Falaguasta in “Non ci facciamo riconoscere”, uno spettacolo che coinvolgerà il pubblico che ripercorrendo quel periodo a cui i cinquantenni di oggi guardano con grande nostalgia.

Una frase emblematica che ha accompagnato l’adolescenza di intere generazioni degli anni Settanta, Ottanta e Novanta. Quattro parole inequivocabili che i genitori pronunciavano per richiamare i figli a un comportamento consono, ma il cui reale significato è sempre rimasto un mistero. L’attore romano dialoga con gli spettatori per capire se davvero quello in cui speravamo è poi successo. Oppure, date le premesse, ci aspettavamo di più.

Come avremmo vissuto gli avvenimenti di cronaca e le tante trasformazioni sociali, sequestro Moro, legge sul divorzio, statuto dei lavoratori, ai tempi dei social? Davvero i nostri figli hanno più libertà di quanta ne avevamo noi? Era da preferire l’inclinazione dei nostri nonni e dei nostri genitori a non buttare niente? O è ormai indispensabile l’enorme quantità di acquisti e nuovi modelli, ai quali oggi i nostri ragazzi sono abituati? Ma soprattutto che differenza c’è tra il poke e la frittata di nonna con dentro tutto ciò che non si doveva sprecare?

Falaguasta prende per mano gli spettatori in un viaggio epocale tra gag, osservazioni, interpretazioni alternative di convinzioni assodate. Per capire se davvero, quella di cui si fa portavoce, è una generazione in stand by. Così riecheggia ancora a scena aperta “Non ci facciamo riconoscere”. Risuona vibrante dalle tavole del palcoscenico per dar voce a un passato recente. Gli anni di piombo, della legge sull’aborto, ma anche del boom economico, dell’Italia campione del mondo in Spagna. Gli anni della Panda 30 con il finestrino abbassato e l’autoradio che suonava le hit. I Depeche Mode, i Duran Duran, gli Spandau Ballet e Boys di una dirompente Sabrina Salerno che metteva tutti d’accordo. Tante risate ma anche momenti di riflessioni in un percorso a ritroso nel tempo, per cercare di capire “chi” siamo diventanti oggi.

«Certo, eravamo giovani e spensierati – rilancia l’attore. Ma siamo proprio sicuri che non farsi riconoscere sia stato un vantaggio? O forse, in qualche circostanza, avremmo potuto alzare la voce e… farci riconoscere?».

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