Lorca sogna Shakespeare in una notte di mezza estate

Bologna. Davide Carnevali, drammaturgo italiano tra i più apprezzati in Italia e all’estero, continua a collaborare con ERT dopo Menelao, vincitore del premio Excellent Play Award conferito dalla Central Academy of Drama di Pechino, e il progetto triennale dedicato al teatro a scuola, Classroom Plays. Per l’occasione scrive e dirige “Lorca sogna Shakespeare in una notte di mezza estate”, produzione ERT Fondazione e CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, che debutta al Teatro Arena del Sole dal 19 al 24 novembre.

Insieme agli attori Michele Dell’Utri, Simone Francia e Maria Vittoria Scarlattei, Davide Carnevali mette in scena un originale spettacolo di teatro partecipato, che si ispira a due testi di Federico García Lorca, “Il pubblico” (1930) e “Commedia senza titolo” (1936), contenuti nella “Trilogia del teatro impossibile”, lavoro più ampio sul problema della rappresentazione teatrale. Passando attraverso le opere di William Shakespeare, in particolare “Romeo e Giulietta” e “Sogno di una notte di mezza estate”, simboli assoluti di teatralità e a loro volta fonte d’ispirazione per Lorca stesso, la pièce di Carnevali intende riflettere sul potere del teatro, sulla sua capacità di coinvolgere gli spettatori e stimolarli a un’attività critica nei confronti del teatro stesso e della società.
Questo progetto si inserisce nella linea tracciata in questi anni da ERT Fondazione con un insieme di attività che considerano il pubblico come parte integrante del momento creativo, facendo del luogo teatrale non solo un ente di produzione, ma un luogo di inclusione e condivisione per chi vi entra.
“Di solito uno spettatore viene a teatro tranquillo perché sa che nessuno farà caso alla sua presenza. Ma… ma non sarebbe meraviglioso se all’improvviso lo chiamassero sul palco e lo facessero parlare, e le luci di scena facessero prendere un po’ di colore a quel suo pallido viso da imboscato?”. Questo si chiede Federico García Lorca nella sua Commedia senza titolo.

“L’autore spagnolo cerca qui una nuova forma di comunicazione tra scena e platea, fra attori e pubblico, – afferma Carnevali – che metta lo spettatore nelle condizioni di essere parte attiva di un processo creativo: in un momento in cui i fascismi si stanno rapidamente diffondendo in Spagna e in Europa, quella di invitare lo spettatore a far sentire la sua voce, invece di guardare passivamente lo svolgersi degli eventi, era per Lorca un’urgenza non solo artistica, ma anche e soprattutto politica”.

Il pubblico, così coinvolto nella costruzione stessa dello spettacolo, è portato a riflettere sul rapporto tra realtà e rappresentazione e sulle dinamiche che spingono l’individuo ad assumere, nella vita di tutti i giorni, un ruolo, una maschera.
Ogni sera dieci spettatori sono chiamati a intervenire dal proprio posto o a salire sul palco, aiutati dagli attori e da un suggeritore che li guida con il copione alla mano, e si cimentano nell’inaspettato compito di recitare Shakespeare, nei ruoli della famosa coppia di amanti veronesi o degli artigiani del bosco di Atene di “Sogno di una notte di mezza estate”, attori “amatoriali” di una “commedia nella commedia”. E così che Giulietta, simbolo della dolcezza e dell’amore, diventa lo spunto per condurre una riflessione più profonda sul ruolo del teatro, sul suo potere di contenere argomenti in forme o in stereotipi, che diventano a loro volta parte dell’immaginario dello spettatore. E allora il compito degli attori e non attori è proprio quello di abbattere tali confini per costruire insieme un nuovo scenario condiviso.
“L’accento è posto sulla dicotomia persona/personaggio e sull’insufficienza di quest’ultimo come dispositivo rappresentativo del primo, – continua Carnevali – denunciando l’impossibilità effettiva di esprimere le verità più crude della vita umana – l’amore, la morte – attraverso la costruzione di una finzione teatrale. Con questi obiettivi, Lorca recupera “Romeo e Giulietta” e il “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare, e cita “Il gran teatro del mondo” e “La vita è sogno” di Calderón de la Barca; tutte opere che giocano con la metateatralità e il “teatro nel teatro”.
La trasformazione degli spettatori in attori diviene quindi il centro essenziale del lavoro: lo scopo non è solo quello di mostrare, ma anche quello di far vivere al pubblico stesso la costruzione di uno spettacolo, in cui la simulazione e la realtà si incontrano, si scontrano e dialogano.
Carnevali conserva il nucleo essenziale delle opere di Lorca: rimane infatti l’idea che la platea non sia un semplice insieme di osservatori, ma una comunità di soggetti critici, che possono contribuire a cambiare lo stato delle cose.
“Lorca e Shakespeare sono stati, ciascuno a suo modo, due grandi interlocutori del proprio tempo. – Conclude Carnevali – Noi viviamo in un contesto che vede una frattura profonda fra teatro e società. Come ricucire questa frattura? Come far intendere allo spettatore che il teatro può essere qualcosa di molto prossimo alla sua quotidianità? E in che modo ci può aiutare la tradizione? Per noi, riprendere Lorca e Shakespeare significa innanzitutto questo: capire quale parte della loro riflessione possa servirci ora per ricostruire il rapporto con il pubblico di oggi. Il teatro pubblico ha una responsabilità verso i suoi cittadini: quella di offrirsi a loro come uno strumento di analisi del mondo che ci circonda”.

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