L’estate al Piccolo prosegue con “Madrigali di rivolta” di Davide Enia

Milano. L’estate al Piccolo intreccia due programmi: “Ogni volta unica la fine del mondo” (dal 21 giugno al 29 settembre), del quale Claudio Longhi ha affidato la cura a Marta Cuscunà, autrice e performer di teatro visuale, Marco D’Agostin, performer e coreografo, e l’ensemble teatrale lacasadargilla, che avrà per cornice principale il Chiostro Nina Vinchi; “Incursioni/Escursioni” (dal 15 giugno al 26 settembre), che si aprirà dal centro a tutta la città, ramificandosi nei Municipi e avrà per protagonisti Davide Enia, Stefano Massini e Marco Paolini.

Il terzo protagonista di “Incursioni/Escursioni” è Davide Enia, che torna a Milano, questa volta con uno spettacolo prodotto dal Piccolo Teatro di Milano, “Madrigali di rivolta”, che in una sorta di tournée metropolitana, attraverserà la città partendo dal centro, dal Chiostro Nina Vinchi, il 22 e 23 luglio, in prima italiana, fino a toccare i Municipi, dall’ex convitto del parco Trotter a mare culturale urbano, da Casa Chiaravalle a Cassina Anna.
Davide Enia sceglie la forma del madrigale perché, con essa, sceglie il canto nella lingua madre, il canto delle radici, i suoni e le vocalità della propria terra, del proprio dialetto. Corteggia la tradizione, tuttavia, senza sposarla del tutto. Enia è un ‘cuntista’ ma un cuntista eretico ed eretico è anche il suo approccio filologico ai materiali della tradizione, nei quali entra ma dei quali poi si appropria, dai quali si lascia abitare e che indossa in modo del tutto personale. All’artista non interessa tanto replicare pedissequamente la tradizione ma indagarne le zone d’ombra, le increspature che ne rappresentano il vero fascino. Dice Enia: “La tradizione non esiste, esiste il racconto della tradizione, esiste il momento in cui il verbo si fa carne e questo accade ogni sera sulla scena”. Proprio da qui nasce l’idea dello spettacolo, la sua necessità, dall’urgenza di rispondere alla domanda se ha senso, dopo una pandemia che ha stravolto e ridefinito tutte le forme di comunicazione, fare ancora teatro. Una domanda alla quale non c’è altra risposta se non essere in scena, continuare a salire sul palcoscenico, ogni volta, riproducendo il miracolo del racconto, delle parole e dei suoni che si incarnano.
“Madrigali di rivolta” ragiona della vita e della morte, ragiona del dialogo continuo ed ininterrotto che si annoda tra i vivi e i morti, tra chi c’è e chi non c’è più, chi rimane e chi se n’è andato, un dialogo che ha forme invisibili, indecifrabili, che si sostanzia di pensieri e di ricordi. I morti insegnano ai vivi la resistenza, i vivi insegano ai morti la rivoluzione, secondo una scansione del tempo che non è lineare, come siamo abituati a pensare. Il futuro cambia il presente e il presente cambia il passato, in una corsa a ritroso, al fondo della quale il passato non esiste, esiste solo il racconto del passato attraverso lo sguardo e la memoria.
“Madrigali di rivolta” è un’operina cantata, un dittico sonoro, un dialogo musicato tra Enia e Barocchieri in cui il cunto si appoggia ai suoni del saz turco e della chitarra elettrica, strumenti con una precisa significanza drammaturgica. Il saz turco è uno strumento a corde, con una partitura di sonorità che aggancia l’Oriente all’Occidente, unendo i due continenti in un linguaggio comune comprensibile a ogni latitudine. La chitarra elettrica amplifica i suoni sporchi della contemporaneità, ribadendo, anche nella tessitura musicale, il flusso continuo tra passato e presente.
“I Madrigali di rivolta – spiega ancora Enia – sono canti e cunti intrisi di rabbia e disperazione, in cui i vivi e i morti intessono un dialogo partendo da una constatazione: la violenza è il linguaggio comune e sotto il cielo ci si scanna consegnandosi all’odio. Sono canti di lutto come parti necessarie di un allenamento inesausto per non soccombere nella battaglia, parole e note che contrattaccano per intercettare uno scintillio di luce in fondo alla sconfitta, cunti che non si arrendono e vibrano di felicità nello schianto. Il Regno dei cieli è un granello di senape. L’incendio germoglia sempre da una scintilla”.

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