Perugia. Adele Lo Feudo – in arte ALF – è cosentina di nascita, amante del Cilento ma risiede e opera a Perugia nella sua casa studio Alf, è un’artista attenta al mondo femminile, in particolare al volto di quelle tante donne che l’hanno circondata fin da quando era piccola.
Le ritrae per rendere omaggio a quelle vite che le hanno raccontato o che ha scoperto leggendo l’Enciclopedia delle donne che la mamma aveva in casa e che lei bambina sfogliava per poi dipingere.
E quelle storie hanno colpito il suo immaginario a tal punto da fermare su un supporto la loro immagine che non è mai statica ma viva attraverso una pennellata morbida, plastica, capace di rendere la mimica del volto.
Come vivo, attento e libero è lo sguardo di Adele quando ti parla, sinceramente interessato a conoscere, non semplicemente a fare conoscenza dell’altro, ed è forse in questa sua innata curiosità che risiede l’origine della propria storia artistica che colloca all’età di 6 anni, quando la madre le ha presentato una sua amica pittrice e lei ne è rimasta affascinata.
Arte per un periodo solo accantonata per dedicarsi agli studi di Giurisprudenza per poi tornare dirompente nella propria vita con la raggiunta maturità, perché necessaria forma di espressione del proprio sé e veicolo, perché delle donne non venga dimenticato l’impegno, la storia o anche le sofferenze di cui sono state vittime.
È proprio la vicenda di Roberta Lanzino, ragazza cosentina che all’età di 19 anni, nel 1988, dopo essere stata rapita e violentata fu uccisa, ad avere portato Adele nel 2013 a mettere la sua creatività al servizio della collettività in difesa delle tante vittime di violenza.
Così è nata l’iniziativa di “Un petalo di rosa…per non dimenticare”, mostra itinerante da Perugia a Cosenza di 60 artiste internazionali, in memoria proprio di Roberta Lanzino e di tante altre donne violentate, perché per Adele “ogni persona ha il dovere di intervenire come può e da artista ha ritenuto fosse importante usare l’arte come veicolo per trasmettere un messaggio di cultura e di pace, dimostrando che le donne sanno essere unite quando occorre”.
C’è un’attività di grande ricerca alla base delle realizzazioni di Adele, come nel caso dei “maccaturi”, frutto di un’indagine sui paesaggi del Sud, nello specifico della Calabria, oggi in esposizione permanente a Palazzo Campagna vicino Cosenza.
All’epoca Gianni Termine – un noto fotografo cosentino – colpito dalla visita a una sua personale, le propose di trasformare in dipinti alcune foto da lui scattate di paesaggi calabresi.
Adele, volendo dare un’impronta originale al progetto e ricordando il fazzoletto – il cosiddetto maccaturo – con cui sua nonna copriva il capo per trasportare dalla campagna il cesto di frutta, decise di utilizzare come tela stoffe di seta artigianali fatte realizzare ad hoc dalla Cooperativa “Nido di Seta” di San Floro.
Non contenta ha segnato la nascita di un gruppo Facebook in cui ha illustrato il progetto della mostra, il significato del maccaturo, chiedendo a chiunque fosse interessato di fornire un contributo che potesse rappresentare bene il concetto, da qui un intenso scambio di idee, pensieri, immagini.
Ne è nata una mostra collettiva con 107 partecipazioni, da questo primo evento ne sono derivati tanti altri e l’esperienza è stata raccolta in un libro intitolato “I Maccaturi”, pubblicato da Bertoni Editore di Perugia, nonché due video – uno di Mario Coraggio e l’altro di Pasquale Luca Nacca.
Con scampoli di seta avanzati dal progetto dei maccaturi Adele ha realizzato poi delle “miniature gioiello” in cui unisce la pittura alle arti minori come il cucito, l’uncinetto, il ricamo, il macramè.
È una sorta di moderno cammeo da indossare anche come collana, in cui sono dipinte donne che per Adele meritano di essere conosciute per il loro vissuto, spesso doloroso, diventando così l’arte uno strumento di tutela dei diritti di chi spesso non ha voce.
Alcune miniature sono oggi visibili nella collezione permanente al Museo Accademie Vitti ad Atina (FR) mentre al Museo della Seta a San Floro, all’intero del Castello Caracciolo(CZ), é esposta l’unica miniatura in cui è raffigurata una figura maschile.
Adele non sceglie solo donne famose ma anche quelle meno note, come Ginetta Di Biase di Santa Maria di Castellabate che ha conosciuto personalmente all’età di 19 anni, Titina Ianni, scrittrice cilentana, e la collezionista e benefattrice Virginia Ippolito di cui sono rappresentati visi segnati dal tempo, con incastonati occhi vigili e luminosi che risaltano ancora di più tra i solchi dell’esistenza.
Si discosta invece dal genere ritrattistico il dipinto dedicato ad Angelo Vassallo, amico di famiglia, realizzato all’indomani del suo omicidio: la tela – divisa in due – presenta nella parte inferiore il corpo trucidato del sindaco e in quella superiore una colomba bianca che si libra sotto una pioggia di spari portando in alto il messaggio “le idee non muoiono.”
Ritorna alla ritrattistica con l’opera “Amor”, esposta nel 2024 nella Basilica di San Domenico a Perugia: si tratta di un rosario di 7 metri di lunghezza che al posto dei grani presenta dei tondi in cui sono raffigurati gli occhi di 60 donne che si sono distinte nella propria vita per l’impegno politico, sociale o religioso, come Madre Teresa di Calcutta, Susanna Chávez Castillo, poetessa e attivista messicana, vittima a soli 36 anni di un efferato omicidio per il suo impegno contro la violenza sulle donne, ed è a lei infatti che si deve la nascita del movimento “Ni una mas!”
Adele è molto apprezzata anche all’estero: a New York è presente già dal 2017, anno in cui ha partecipato con 12 opere all’asta silenziosa presso il Manhattan Midtown hotel in occasione del Columbus Day; nel mese di gennaio del 2025 era tra gli artisti italiani che esponevano nella Grande Mela per celebrare il talento artistico italiano e americano nella mostra “Art Exchange”, che voleva contemporaneamente commemorare i 100 anni dalla nascita di Carlo Rambaldi e far conoscere i migliori artisti italiani viventi.
Adelo Lo Feudo si sente parte di questa umanità e del suo tempo e attraverso la creatività cerca di capire se stessa e gli altri, offrendo con amore e gioia un contributo sociale significativo contro qualsiasi forma di violenza ed emarginazione, soprattutto femminile, diventando nella sua ricerca culturale e artistica un punto di riferimento, di ascolto e di collaborazione di interi gruppi perché in grado di calamitarli con la sua capacità comunicativa.
La sua grande dote è infatti quella di raccontare la vita propria e altrui, fatta di sentimenti contrastanti e intimi, senza pregiudizi e preconcetti ma con grande libertà e delicatezza, senza mai giudicare ma con grande partecipazione emotiva.
Crediti foto: Ezio Pappalardo.