La ricerca di sé in “Herr/Freud Signorelli Mosé – Il Rebus”

Roma. Un racconto teatrale e un’indagine in scena, un vero e proprio giallo, che ha per protagonista Freud alla ricerca di sé stesso e della psicanalisi, in un confronto con il fantasma del Padre.

È “Herr/Freud Signorelli Mosé – Il Rebus”, lo spettacolo in scena al Teatro Palladium sabato 9 marzo alle ore 20,30 prodotto da Il Collettivo Teatro Animazione.

Sul palco un narratore, Guido Barlozzetti, che con Freud e attraverso le sue parole – dai testi delle opere alle lettere – accompagna lo spettatore a immergersi nel lungo e tormentato percorso dell’esploratore dell’inconscio, nella speranza o nell’illusione di un equilibrio per l’umanità, sospesa fra pulsioni, mancanze e la paura della Morte.

Accompagnato in scena dalle immagini video curate da Massimo Achilli e le musiche originali di un artista sensibile e innovativo quale Enzo Pietropaoli, Barlozzetti segue il cammino di Freud.

Prima a Orvieto, con la sconvolgente impressione che in lui scatenarono, nel settembre del 1897, gli affreschi dipinti da Luca Signorelli nella Cappella Nova del Duomo. Freud fu colpito da quelle immagini al punto da dimenticare il nome del pittore e questa dimenticanza diventò un passaggio decisivo nell’autoanalisi che stava conducendo e un ragionamento che ebbe riflessi importanti per lo sviluppo delle sue teorie. Poco dopo avrebbe pubblicato L’interpretazione dei sogni.

Perché fu così affascinato e turbato dal Giudizio Universale di Signorelli? Cosa nascondeva quella dimenticanza di così sconcertante da portare a una cancellazione così radicale? Quale “sostanza inconscia” era stata risvegliata dalla visione degli affreschi?

Barlozzetti racconta quest’affascinante storia ritrovandone la radice nel rapporto ambiguo e irrisolto con la figura del padre/Padre e, attraverso di lui, con la tradizione ebraica con cui, pur professandosi ateo, il confronto era ineludibile.

Per passare poi all’Edipo e quindi alla statua del Mosè scolpita da Michelangelo e accolta in San Pietro in Vincoli di Roma.

Blocchi e avanzamenti, cortocircuiti, fratture, buchi che si aprono e attendono di essere ricomposti.

In scena, Barlozzetti si sdoppia nel narratore e nel corpo – sempre di spalle e con il sigaro in mano – di Freud, di cui ascoltiamo in prima persona i ricordi e le riflessioni.

Intorno a lui, un divano, una poltrona – gli elementi fondamentali di uno studio d’analisi – e le sagome di tre figure che molto hanno contato nella vita di Freud: la moglie Martha Bernays, l’amico/nemico con cui intrattenne un lungo rapporto epistolare Wilhelm Fliess e, naturalmente, il padre Jakob.

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