Milano. È costruito intorno alla percezione del tempo il ciclo di concerti della 23esima stagione della rassegna di classica “In Cooperativa per Amare la Musica”, organizzata dallo Spazio Teatro 89 e da Coop Italia in collaborazione con Serate Musicali, al via domenica 9 ottobre nell’auditorium milanese di via Fratelli Zoia 89. Intorno alla percezione del tempo e agli attimi che svaniscono in quelli successivi e che fuggono via, nutrendo la nostalgia di chi ascolta o alimentando la speranza di una loro possibile ma incerta ricomparsa, in un gioco di attese di volta in volta appagate o deluse. Immersi in questa dimensione, il più delle volte abbiamo percezioni volubili e zigzaganti lungo il labile confine fra soggettività e oggettività. Ma la musica ha saputo dotarsi di efficaci antidoti contro gli eccessi di effimera evanescenza, creando architetture sonore con chiari punti di riferimento e percorsi articolati che trasformano lo scorrere del tempo da potenziale avversario in affidabile misuratore di simmetrie formali e pulsazioni ritmiche, in una dialettica che ad ogni ascolto, soprattutto e in modo irripetibile ad ogni ascolto dal vivo, crea sintesi nuove, vitali e stimolanti fra l’esprit de finesse dell’emozione momentanea e l’esprit de géométrie delle grandi forme o, per dirla più modernamente, fra i tasti “Play”, “Rec” e “Rewind” della nostra mente. Non a caso, “Play, Rec, Rewind” è il titolo scelto per questo primo ciclo di concerti, cui ne seguirà un altro (sempre con cinque appuntamenti) nei primi mesi del prossimo anno. Spiega Luca Schieppati, il curatore e direttore artistico della nuova stagione di classica dello Spazio Teatro 89: “Queste e altre riflessioni, sul tempo nella musica e sulla musica attraverso il tempo, cercheremo di suscitare con i cinque concerti in programma fino al 4 dicembre. E forse, chissà, riflettere sui percorsi non lineari del tempo musicale potrà aiutarci a comprendere meglio anche la più ampia prospettiva del nostro rapporto con il divenire storico: siamo nel 2022, ma al centro dell’attualità troviamo guerre, fascismi, crisi economiche e altre fosche prospettive fra realtà e distopia che tanto ricordano fatti già tragicamente accaduti esattamente un secolo fa, nel 1922. Viene da pensare che, se la storia è maestra di vita, noi ne siamo allievi davvero pessimi e che, probabilmente, corsi e ricorsi, eterni ritorni, ascese e cadute e nuove ascese sempre in bilico fra tragedia e farsa siano l’unica possibilità di evoluzione-involuzione per il legno sempre più storto della nostra specie. Ma per fortuna c’è la musica, meravigliosa “macchina per sopprimere il tempo” o per lo meno per renderne sopportabili, trasformandoli in bellezza, anche gli aspetti più spiacevoli”. Per il primo concerto della nuova stagione, intitolato “Nostalgiche passioni”, domenica 9 ottobre sul palco dello Spazio Teatro 89 (ore 17, ingresso 7-10 euro) si esibiranno la violoncellista Margherita Succio e la pianista ucraina Yevheniya Lysohor in un programma in bilico fra struggente lirismo e virtuosismo infuocato: le due interpreti eseguiranno, infatti, la Sonata in la maggiore del compositore César Franck e la Sonata op. 19 per violoncello e pianoforte di Sergej Rachmaninov. Dare tutto, ma proprio tutto di sé in ogni frase, cuore aperto e nervi scoperti, senza risparmio. Ma allo stesso tempo pensare in grande, e se anche ogni frase è una “petite mort”, dopo ce ne sarà un’altra, anch’essa breve e intensa, e poi un’altra e un’altra ancora, mille e poi cento e poi ancora mille, come i baci di Catullo a Lesbia, così che alla fine, attimo dopo attimo, l’intero percorso avrà dimensioni smisurate, monumentali. Ecco, ci sembra questa, in estrema sintesi, la meravigliosa, irresistibile contraddizione della Sonata per violoncello e pianoforte di Rachmaninov: attimi indimenticabili, che però non vogliono, non possono fermarsi a lasciarsi contemplare perché inarrestabilmente trascinati in avanti dal turbine del virtuosismo strumentale e da una lussureggiante e inesauribile fantasia creativa. Anche la Sonata di Franck è di ragguardevole durata, solo di poco inferiore a quella di Rachmaninov. Ma la concezione formale, basata sull’elaborazione e sul ciclico ritorno di motivi ricorrenti, è assai più unitaria e costruita in modo tale che la comprensione del materiale sonoro acquisisce piena consapevolezza solo retrospettivamente, in un ascolto “à rebours”, all’indietro, che forse sacrifica parte delle emozioni per ciò che potrebbe ancora attenderci, ma al contempo ci riempie di nostalgico struggimento per la bellezza di quanto già vissuto.