Il “Misantropo” di Molière, una commedia amara in cui non è previsto un lieto fine

Firenze. “Misantropo” è la storia di un uomo che vuole avere un incontro decisivo con la donna che ama e che alla fine di un’intera giornata non ci è ancora riuscito”. Queste le parole con cui il grande regista e attore francese Louis Jouvet riassumeva il capolavoro di Molière, nato nella solitudine e nella crisi per la censura di “Don Giovanni” e “Tartufo” e per l’abbandono della moglie.

In realtà, per Nora Venturini, che dirige Giulio Scarpati e Valeria Solarino al Teatro della Pergola da martedì 12 a domenica 17 novembre e, prima che a Firenze, al Teatro Era di Pontedera sabato 9 e domenica 10 novembre, quella ironica sentenza di Jouvet coglie un elemento importante dell’opera, spesso trascurato a favore del tema politico dell’uomo onesto e sincero in lotta contro la corruzione e l’ipocrisia della società. La produzione è “Gli Ipocriti” – Melina Balsamo.
“Nella sua urgenza di chiarirsi con Célimène, che gli sfugge e evita il confronto, spazzando via ogni ambiguità, Alceste – sostiene Venturini – è un personaggio moderno, contraddittorio sino al parossismo. Un uomo cerebrale e indignato, una specie di anacoreta per il quale il Bene, l’Etica, sono scelte assolute che non ammettono il minimo compromesso, rivendicate con furore nella scena della litigata con l’amico Filinto, che ho voluto in proscenio, a stretto contatto con il pubblico, quasi un prologo dello spettacolo”.
Ma “Alceste” è insieme un uomo profondamente passionale, carnale, un masochista dominato da un desiderio tirannico e insaziabile per una donna che è il suo opposto in tutto, visione del mondo, stile di vita, idea dei rapporti umani. Alceste è un uomo come noi: si indigna per ciò che desidera, soffre nella testa e nella carne, muovendosi in una società dove l’apparenza prevale sui valori.
Lo stesso vale per “Célimène”, signora dei salotti, attorniata dalla sua corte mondana, che non vuole rinunciare a niente, né all’amore esclusivo di “Alceste”, né al gioco seduttivo con una schiera di pretendenti. In scena, accanto a Scarpati e Solarino, ci sono Blas Roca Rey (Filinto), Anna Ferraioli (Arsinoè), Matteo Quinzi (Oronte, Basco, Du Bois), Federica Zacchia (Eliante), Mauro Lamanna (Acaste), Matteo Cecchi (Clitandro).
“Proprio la loro incompatibilità è la molla che li spinge l’uno verso l’altra – interviene Nora Venturini – tragici e comici insieme, Alceste e Célimène sono nostri contemporanei come coppia sentimentalmente impossibile: non si capiscono ma si amano, si sfuggono ma si cercano, si detestano eppure faticano a separarsi”.
Possiamo ritrovarci e riconoscerci nei loro difetti; e ne ridiamo, guardandoci allo specchio. E un grande specchio incombe sulla scena di Luigi Ferrigno, il teatrino-salotto di “Célimène”, dietro le cui tende intravediamo la compagnia prepararsi per la rappresentazione. I costumi sono di Marianna Carbone, le luci di Raffaele Perin, le musiche di Marco Schiavoni.
“Nel nostro Misantropo il mondo contemporaneo irrompe nell’antichità classica, la realtà nella finzione, e lo spettatore può vedere riflessi, nella superficie antica, gli slanci e le idiosincrasie che sperimenta ogni giorno”.

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