Roma. Sono trascorsi pochi giorni dal concerto del Primo Maggio a Roma, quest’anno alla sua 36esima edizione, e non sono mancate le critiche, gli haters, i commenti più disparati e gli apprezzamenti. Organizzato dai sindacati CGIL, CISL e UIL in occasione della Festa dei lavoratori, il “Concertone”, detto così per la lunga durata e il gran numero di musicisti che si esibiscono ogni anno, è tornato a Piazza San Giovanni, sua sede naturale, dopo la trasferta al Circo Massimo dello scorso anno.
Baciata da una bellissima giornata di sole, la maratona di musica e spettacolo, con il monito “Uniti per un lavoro sicuro”, ha visto la partecipazione di oltre 50 artisti con diversi stili musicali e, soprattutto, di migliaia di giovani provenienti da tutti Italia in una piazza sempre più bella, grazie anche al restyling per il Giubileo.
Grande l’attesa per i big della musica italiana ma curiosità anche per gli emergenti che hanno avuto la possibilità di mettersi alla prova su un grande palco affiancando i colleghi più famosi, tutti presentati da altri tre cantanti: Noemi, Ermal Meta e BigMama, con la partecipazione di Vincenzo Schettini, divulgatore scientifico, youtuber e conduttore televisivo italiano.
Si va, quindi, da Giorgia, con un medley dei suoi successi, a Ghali, elegante e con qualche problema tecnico; da Achille Lauro, che dedica il suo amore disperato a chi ha bisogno, a Lucio Corsi, prontissimo per l’Eurovision Song Contest 2025; e poi, il cantautorato di Brunori Sas, Elodie, che ricorda il legame della piazza ai diritti, Joan Thiele, Serena Brancale, Luchè, Rocco Hunt, Alfa, Fulminacci, The Kolors, fino alla chiusura di Gabry Ponte con “Tutta l’Italia”, inno di Sanremo 2025.
Tra i momenti più commoventi il ricordo di Paolo Benvegnù, straordinario cantautore scomparso improvvisamente lo scorso dicembre, che è stato omaggiato dalla sua band con due brani: “Oceano” eseguita insieme a Brunori Sas, che generosamente non perde occasione per far risuonare la sua musica, e “Il mare verticale” con un intenso Ermal Meta.
Non sono mancati, poi, temi profondi come quello della denuncia dell’odio on line da parte della conduttrice BigMama che, raccontando la sua esperienza personale, ha invitato al rispetto reciproco, oppure quello dei Patagarri, protagonisti dell’ultima edizione di X Factor, che hanno urlato lo slogan “Free Palestine”, invitando poi il pubblico a ripeterlo, o ancora Noemi e Ermal Meta che hanno citato “Pablo” di Francesco De Gregori, ricordando che il cantautore scrisse il brano cinquant’anni fa per sensibilizzare sul tema delle morti sul lavoro.
Ma cosa scatena le polemiche intorno all’appuntamento italiano più importante per la musica dal vivo? Cosa non convince più molte persone di questo raduno di massa che celebra la musica collegandola idealmente alla giornata dei lavoratori? Manca sicuramente l’identità di un tempo, quando il “Concertone” rappresentava una dimensione popolare e di protesta e si è affievolita quella connotazione di sinistra che ebbe fin dall’inizio, nel 1990, dovuta sia alla coincidenza con la Festa dei lavoratori sia al suo esplicito legame con le principali organizzazioni sindacali italiane. In quel periodo si trattava di uno dei concerti gratuiti più importanti e partecipati d’Europa, con una grande importanza simbolica che ospitava, tra l’altro, musicisti e gruppi di fama internazionale come Lou Reed, Radiohead, Blur, Sinead O’Connor, Iron Maiden e B.B. King, solo per citarne alcuni. Oggi la sua identità musicale si è fatta opaca e tutto riflette il panorama della musica contemporanea senza autentiche assonanze politiche o particolari denunce e provocazioni, salvo alcune eccezioni che negli anni sono diventate sempre più rare. E allora c’è chi parla con disprezzo di “Festivalbar” o di “Sanremino”, contrapponendo a Roma l’ormai consolidato “Uno Maggio Taranto libero e pensante”, diretto da Diodato, Roy Paci e Michele Riondino, che fa della musica un’arma di protesta in una città martoriata dalle vicende dell’Ilva. Se, quindi, San Giovanni ha perso il primato della piazza “impegnata”, resta comunque la più grande adunanza di giovani in Italia per un evento legato alla musica dal vivo, un luogo a disposizione della socialità di una generazione desiderosa di incontrarsi e fare festa, cosa da non sottovalutare in un’epoca caratterizzata dai social e, sempre più, dall’intelligenza artificiale. Si tratta di una festa che strizza l’occhio ai gusti delle nuove generazioni, in sintonia con un mercato musicale abbastanza uniforme e poco dirompente dal punto di vista artistico, ma riguarda, in ogni caso, una macchina enorme con un’organizzazione complessa che, a proposito di Primo Maggio, ci ricorda che la musica è un lavoro, faticoso e prezioso, e come tale anch’esso va tutelato e difeso.
A tal riguardo non possiamo dimenticare che pochi cantanti arrivano al successo, acquisendo un pieno riconoscimento giuridico ed economico, e che per lo più il mondo musicale italiano, come tanti altri settori dell’arte e non solo, continua a soffrire per l’assenza di un importante e strutturato sostegno pubblico a favore degli artisti e di una normativa completa e coerente sullo spettacolo dal vivo che ne disciplini in modo organico tutti gli aspetti.
Questo potrebbe forse spiegare il fatto che, rivolgendomi ad alcuni artisti del Primo Maggio sul tema della tutela dei diritti nel campo delle arti e dello spettacolo, mi sia imbattuta spesso in sguardi spaesati e in amare risatine sui loro volti, e che abbia incontrato, ancora una volta, un segmento dello showbiz che continua da tempo a “camminare senza chiedersi perché”, come avrebbe detto poeticamente Paolo Benvegnù.