Milano. Frutto dell’adattamento drammaturgico, a cura di Rosy Bonfiglio, del romanzo di Giovanni Verga, “Capinera” nasce nel 2016 e torna in scena – nella Sala Tre del Teatro Franco Parenti dal 7 al 12 ottobre – con una nuova regia dal taglio dichiaratamente contemporaneo, in cui il tema delle gabbie fisiche, emotive e sociali si fa centrale, esplicito, urgente.
Musica elettronica, loop vocali e una drammaturgia fisica rendono “Capinera” un progetto teatrale che va oltre la narrazione lineare.
Maria, una giovane donna chiusa in convento contro la sua volontà, durante una parentesi di libertà scopre la vita, l’amore, la dualità spaventosa e al contempo affascinante dei sentimenti umani. Preda di impulsi sconosciuti, nuovi e ingovernabili, sarà costretta a tornare in convento, dove morirà di follia. La sua storia particolare diventa quella universale di tutte le donne attraverso le epoche e i confini, la sua voce si unisce a quella di testimoni potenti: da Alda Merini a Fabrizio De André, fino a Pegah Moshipur, dando vita a un coro di resistenza, dolore, desiderio in cui ogni parola vibra, ogni movimento cerca una via di fuga.
Dai suicidi in carcere alle spose bambine, dagli hikikomori a tutte le più disumane forme di repressione dentro e fuori dai nostri confini geografici più prossimi: riecheggiano in scena le tante testimonianze documentali che insieme alla musica elettronica di Angelo Vitaliano, Nils Frahm e Olafur Arnalds, creano un ponte tra presente, passato e futuro. Così Maria diventa Elena, Alessandro, Alda: capinere dei nostri tempi che meritano un riscatto.


