Valorizzazione del territorio e difesa dei diritti, Giuseppe Marasco raccoglie la sfida del Nuovo IMAIE

Torretta di Crotone. La Calabria è sempre stata una regione che ha donato al mondo della musica una fucina di talenti. Mino Reitano, Mia Martini, Loredana Bertè, Dario Brunori per citarne qualcuno. Eppure, nonostante tutto, sembra che manchi qualcosa e non è il talento. Il percorso di un artista è fatto di studio, di programmazione e di una serie di aspetti che non possono essere svolti solo ed esclusivamente dall’artista. Il lavoro che ruota intorno ad esso è composto di tanti professionisti e ognuno di loro ha il proprio ruolo per la riuscita del progetto artistico. Negli anni ci sono stati dei cambiamenti, sono emerse figure specializzate che hanno migliorato la qualità del lavoro del musicista eppure sembra non bastare. Di questa trasformazione ne abbiamo parlato con Giuseppe Marasco che, con la sua lunga esperienza come operatore del settore musica, l’ha sempre vissuta non solo come un lavoro ma come una missione.

Giuseppe, quando è iniziato il tuo percorso nel mondo della musica e come nata l’idea di creare una realtà come “Calabria Sona”?

In realtà non ha una data precisa, diciamo che ci sono nato. Mio padre mi ha trasmesso la passione per il mondo della musica, fatto di gruppi, feste, festival. Pensa, lui ha iniziato cantando e poi si è dedicato all’organizzazione di spettacoli. La mia è stata una gavetta in cui ho scoperto ogni aspetto di questo lavoro. Ho iniziato come studente di musica, poi ho fatto il facchino, l’organizzatore, il tecnico nelle tournée, il fonico, da impresario a promoter fino a dedicarmi alla produzione artistica, all’ideazione di progetti musicali e festival, al marketing, alla figura di “manager” (una parola che riferita a me fa un po’ sorridere). Dopo l’università e le esperienze nel campo televisivo nella capitale, ho deciso di tornare in Calabria e, dopo aver aperto la Marasco Comunicazione, ho cominciato a collaborare con l’emittente televisiva VideoCalabria occupandomi di trasmissioni sui grandi festival e concerti in giro per la Calabria. Eravamo in un momento di grande fermento “creativo” che si percepiva nelle piazze, era tornata la voglia di fare musica “identitaria”, una nuova spinta artistica che pescava dalla vera tradizione per proiettarla verso il futuro. Con amici, artisti e professionisti abbiamo creato un contenitore con lo scopo di unirci in una “rete” per promuovere, produrre e valorizzare la musica che nasceva in Calabria. Da lì un grande lavoro per cucire relazioni, progetti, iniziative per affermare che questo fermento non avrebbe resistito senza una via professionale affiancata ad una vera e propria filiera musicale, fatta non solo di musicisti ma anche di professionisti del settore. Da quel momento ci siamo dotati di strumenti, mezzi e persone che, sicuramente, avrebbero fatto crescere questo movimento rendendolo un lavoro per i nostri giovani e un motivo per raccontare in modo unico il nostro territorio.

In tutti questi anni com’è cambiata la musica in Calabria? I musicisti e gli operatori del settore riescono ad essere al passo con i tempi oppure sono costretti a spostarsi in altre parti d’Italia per formarsi?

Se pensiamo a 20 anni fa la situazione è molto cambiata. Siamo passati dal “folk” inteso come la parodia di noi stessi e dei nostri stereotipi ad una musica di ricerca e di espressione ma fatta da veri cantautori. Chi usa il dialetto o gli strumenti o i ritmi che provengono dalla “terra” non è meno cantautore o artista di chiunque altro. Adesso ci sono molte meno cover e molta più consapevolezza che questo sia un lavoro in cui il talento va coltivato. Ci si deve formare, informare e gestire in un certo modo. Ovviamente, c’è ancora molto da fare, ma siamo sulla strada giusta Se parliamo di un percorso formativo strettamente musicale penso che qui ci siano grandi realtà importanti e riconosciute in tutto il mondo che meritano di essere tutelate. Invece, sotto l’aspetto “professionale” del musicista o dell’operatore come lavoratore dello spettacolo e di tutta la filiera penso che ci sia bisogno di creare occasioni di formazione e di confronto con il “resto del mondo”. Come ho già detto, quando si capirà che questo è un settore di sviluppo economico come gli altri allora si penserà ad investire a 360° in crescita professionale e formazione. Questa un’altra nostra sfida che affrontiamo ogni giorno cercando di creare figure preparate.

Cosa servirebbe, in un terra piena di talenti come questa, per creare opportunità in questo settore?

Bisogna partire con una progettualità più diffusa, creare un sistema che faccia guardare alla musica come un’opportunità culturale e occupazionale. Anche le Istituzioni devono fare la loro parte lanciando una programmazione dedicata alla produzione e alla promozione locale, instaurando rapporti con le realtà italiane ed internazionali. I nostri artisti potrebbero essere dei grandi ambasciatori della nostra identità e della nostra storia, insieme ai festival, grandi strumenti per valorizzare il territorio. Una vera collaborazione con lo scopo di unire tante “realtà” in una grande filiera per arrivare ad una proposta comune di sviluppo e di interventi partendo dalle cose più semplici. Stiamo lavorando per creare in Calabria un “patto unico” per la musica raggruppando tutte le professionalità per lavorare, ad esempio, alla famosa “legge regionale sulla musica” con il fine di valorizzare il mondo produttivo e artistico. Un sostegno concreto e concertato senza commissioni, presidenti e responsabili ma solo attività e azioni per chi già fa questo lavoro in Calabria. Perché ci sono artisti e professionisti che fanno benissimo il proprio lavoro ma che avrebbero bisogno di essere sostenuti.

A fine maggio ci saranno le elezioni per il nuovo IMAIE e tu sei uno dei candidati della lista “La Squadra per la Musica”. Quanti lavoratori dello spettacolo conoscono questa collecting e, soprattutto, visto il mondo che ci aspetta a causa della pandemia, quale sarà la vera sfida che dovrete affrontare qualora foste eletti?

Sfortunatamente, sono proprio gli artisti a non interessarsi dei propri diritti e a non “coltivare” la propria passione sotto il profilo professionale. “Calabria Sona” vuole dare una mano ed aiutare i più “sbadati” a rimanere aggiornati e a non perdere le occasioni che questo mondo può riservare perché, ricordiamocelo, sono dei diritti conquistati negli anni e non dei regali. Mi dispiace molto constatare che si sia fatto poco in Calabria per arrivare agli artisti e avvicinarli all’Istituto e che molti si siano avvicinati solo perché invogliati in questo bruttissimo momento da un sostegno concreto ma, a mio avviso, “dovuto” (visto che alcuni sono soldi degli stessi interpreti ed esecutori e altri dello Stato). La vera sfida sarà rappresentare e sostenere gli artisti indipendenti e tutto il mondo che lo circonda, riconoscendo il loro lavoro attraverso più tutele e diritti specialmente nell’era digitale, ma anche rappresentandoli dove ancora oggi sono poco rappresentati e non considerati. Ricordiamoci che questa pandemia ha avuto un impatto negativo per le produzioni, le etichette, i lavoratori e gli artisti indipendenti che stanno rischiando di essere assorbiti totalmente dalle major e da realtà fuori dalle logiche dell’arte, della cultura e della musica. La lista “La Squadra per la Musica” penso sia un grande presidio di competenze, democrazia, trasversalità e pluralismo culturale ed economico.

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