Roberto Vecchioni porta “l’infinito” in Sicilia, il racconto del concerto a Salemi

Salemi. Domenica 13 agosto Roberto Vecchioni si è esibito nella magica cornice di Piazza Alicia, a Salemi, per un’altra tappa de “L’infinito tour”, che lo vede impegnato su e giù per l’Italia ormai da quasi cinque anni. L’album di inediti che presta il nome alla tournée, infatti, è stato pubblicato (esclusivamente in formato fisico) nel novembre del 2018 e da quell’anno il cantautore lo presenta dal vivo, con la sola interruzione dovuta alla pandemia.
È difficile restituire l’emozione di un concerto di Vecchioni soltanto attraverso le parole, ed è del tutto impossibile farlo senza utilizzare termini come “cultura”, “bellezza”, “passione” o “vita”.
Chi scrive ne è un profondo estimatore e il rischio dunque è quello di lasciarsi trasportare eccessivamente dall’emotività e dal proprio gradimento, tuttavia una cosa è certa e condivisibile da chi ha avuto la possibilità di ascoltarlo dal vivo almeno una volta: non si tratta solo di canzoni.
Nelle due ore che l’artista regala al suo pubblico ogni sera c’è, appunto, la sua stessa vita. C’è l’esperienza dell’uomo, la cultura del professore che ha insegnato per oltre 40 anni latino e greco ai ragazzi del liceo, ma, soprattutto, c’è la profonda conoscenza dell’essere umano, non di ieri o di oggi, ma di sempre. Questi elementi prendono forma in ogni nota, monologo e aneddoto che accompagna quasi tutte le 15 canzoni che si alternano nella setlist durante il corso della serata. L’inizio è affidato a “Ti insegnerò a volare (Alex)”, brano dedicato ad Alex Zanardi, in cui la voglia dell’uomo di sconfiggere il destino nonostante le dure prove che la vita gli riserva fa da protagonista (“E se non potrò correre / e nemmeno camminare / imparerò a volare”). Anche il secondo brano (“Ogni canzone d’amore”) è tratto dalla sua ultima fatica discografica ma stavolta è dedicato alla moglie, così come la meno recente “La mia ragazza”, pubblicata nel 1985 all’interno dell’album “Bei tempi”.
Il “Professore”, così come il suo pubblico ama definirlo, nonostante abbia da pochissimo compiuto i suoi primi 80 anni, si muove in modo appassionato e spassionato lungo il palco, interpretando i propri brani come se lo facesse per la prima volta.
Vecchioni ride, si commuove e scherza con il pubblico, alternando momenti in cui racconta e canta dei più grandi personaggi della poesia, della letteratura o dell’arte come Sofocle, Leopardi o Van Gogh, ad altri in cui sono le sue stesse avventure personali a fornire spunti interessanti per accompagnare i brani in scaletta. Ne è un esempio la sua disavventura a Marsala, dove ha trascorso tre giorni in carcere per l’accusa – ritenutasi poi infondata – di aver dato uno spinello ad un giovane ragazzo; come egli stesso rivela, durante questa breve e poco piacevole permanenza in Sicilia il cantautore ha trovato ispirazione per scrivere alcuni pezzi come “Vorrei” o “Lettera da Marsala”.
Tra i momenti più toccanti il brano dedicato al padre (“L’uomo che si gioca il cielo a dadi”), da cui l’artista racconta di aver appreso l’arte del sogno e del gioco, e l’applauditissima “Le rose blu”, la preghiera (autobiografica) di un padre disposto a cedere tutto ciò che ha vissuto in cambio della guarigione del proprio figlio, simboleggiata dal colore blu delle rose non esistente in natura.
Prima dei bis, il concerto si conclude con “Sogna ragazzo sogna”, uno dei suoi brani più amati che racchiude alla perfezione la capacità di Vecchioni di unire le generazioni e di parlare sia ai ragazzi di ieri che a quelli di domani, così come dimostrato dal pubblico eterogeneo presente in piazza. L’artista esorta il pubblico a tirare fuori la propria essenza, il proprio “profumo”, proprio come fa la ginestra dipinta da Giacomo Leopardi, di cui il Professore ha sottolineato l’amore per la vita a dispetto dei luoghi comuni che lo identificano con il solo pessimismo. D’altronde, come dichiarato dallo stesso cantautore, questo spettacolo parte da un’idea ben precisa: l’infinito non è al di fuori ma risiede dentro ognuno di noi, “al di qua della siepe”.
Le due ore scivolano velocemente in un perfetto equilibrio (anche temporale) tra musica e parole; chiudono la serata i due brani più iconici della sua carriera ultra cinquantennale: “Luci a San Siro” e “Samarcanda”.
In ognuno dei pezzi eseguiti la poetica del Professore risulta inconfondibile, attenzione, però, a definire i suoi brani “poesie”: Vecchioni, nell’affermare di non voler essere definito un poeta, bensì uno “scrittore di canzoni”, ritiene infatti che la differenza tra una poesia e una canzone sia la stessa che esiste tra una quercia ed un fiore: la prima è proiettata verso la grandezza, la seconda ha “il dono del piccolo”, ce la si scambia quotidianamente. Ben vengano dunque “scrittori di canzoni” così, ne abbiamo davvero bisogno.

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