Napoli. Nell’ambito del Natale, mercoledì 11 dicembre, al PAN di Napoli, in via dei Mille 60, si terrà la serata finale del Tam Tam Digifest 2019, manifestazione giunta alla sua 14° edizione. Si comincerà alle ore 17 con una diretta Facebook in cui gli organizzatori racconteranno un anno di Festival, quest’anno dedicato al tema “Restyling, le macchine del cambiamento”.
Dalle ore 17:30, con ingresso libero, ci sarà la proiezione del documentario di Giancarlo Bocchi “Le Ragazze della rivoluzione”, a cui seguirà un incontro con l’autore.
Girato in Iraq e Siria, il film racconta la vita, le idee, le attività in armi di donne coraggiose, di curde della Siria, dell’Iran, della Turchia e yazide che lottano strenuamente contro il “male” del secolo, l’Isis, il nuovo fascismo di matrice islamista e l’invasione turca dei territori liberi del Rojava (Siria del nord).
Il documentario viene presentato per la prima volta in Campania come evento realizzato in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e al Turismo di Napoli, delle associazioni GEA e del cineforum Pupille e Papille del teatro Area Nord, curato dall’associazione Noi a Piscinola.
Si tratta di un film corale che dà voce alle combattenti curde su vari fronti di guerra. La comandante Tamara, curda turca trentenne, racconta nel documentario di essere nata durante una guerra: “Fin da bambina ho visto il nemico turco che attaccava ferocemente il popolo curdo. Per me iniziare la lotta armata non è stata una scelta, ma una necessità.” Ora combatte in Kurdistan contro i miliziani dell’Isis dove difende anche l’identità delle donne, “L’onore, l’esistenza la dignità, i nostri stessi corpi.” La prima promessa che ha fatto a se stessa e ai suoi compagni è stata di resistere, perché la lotta è “resistenza”. L’Isis teme la determinazione di Tamara e delle sue compagne: “Quando sentono il trillo della nostra voce si spaventano!” dice con un sorriso.
Una combattente curda iraniana spiega, invece, che quelli dell’Isis “Si mostrano grandi, ma in realtà sono piccoli uomini perché sono vuoti dentro. Solo nella propaganda diventano grandi. Quando vediamo il loro odio, soprattutto contro le donne, vorremmo lottare contro di loro per sempre…”. Una sua compagna yazida aggiunge: “Noi non dormiamo, non mangiano, non beviamo, noi non viviamo con serenità finché non libereremo tutte le vittime dell’Isis, soprattutto le donne”.
Le combattenti curde sanno che la loro lotta è solo all’inizio. L’Isis è un “male” che sarà debellato definitivamente solo quando verranno smascherati i governanti di Stati che combattono segretamente e senza tregua la democrazia e la libertà, dietro un potere che deriva dai capitali e da alleanze con potenze della area e anche da Stati occidentali collusi.
Una delle combattenti, una curda siriana, racconta che la lotta sarà lunga e implica un grande cambiamento, umano, sociale e culturale: “Chi conosce se stesso sa come vivere. Chi non si conosce non può dare valore alla propria vita. La cosa più importante è vivere e far vivere…”.
In questo senso nel Rojava (Siria del Nord) è in atto uno straordinario esperimento sociale-politico proposto dai curdi, con il “confederalismo” e la “democrazia dal basso”, al quale hanno aderito spontaneamente tutte le minoranze etniche (assiri, cristiani, ceceni ecc.) presenti nell’area.
Durante la realizzazione de “La ragazze della rivoluzione” il regista Giancarlo Bocchi, che ha documentato negli ultimi 25 anni conflitti, guerre e violazioni dei diritti civili e ha visto all’opera dai difensori bosniaci di Sarajevo ai mujaheddin del comandante Massoud che combattevano contro i talebani e tanti altri combattenti per la libertà, all’inizio delle riprese ha guardato con simpatia, ma anche con tenerezza, alle combattenti curde, alcune molto minute, che portavano a fatica i loro pesanti kalashnikov. Proseguendo nel lavoro, giorno dopo giorno, si è reso conto che queste giovani, che combattevano per il loro popolo ma anche per tutti noi, erano delle combattenti vere che mostravano in azione una temerarietà e un coraggio veramente raro, generato da una forte determinazione e da inflessibili scelte ideali.
Il film fa parte di una serie di documentari di Giancarlo Bocchi dal titolo “Freedom Women” su donne di nazionalità, cultura, lingue diverse, che vivono in quattro continenti, Asia, America, Africa, Europa e si battono per i diritti umani in aree tra le più pericolose al mondo, Afghanistan, Birmania, Colombia, Cecenia, Kurdistan, Sahara Occidentale. Lottano in luoghi distanti tra loro migliaia di chilometri, ma sono unite nella stessa idea universale e coraggiosa, di estirpare le diseguaglianze e cancellare le discriminazioni.
La serie “Freedom Women” della quale fa parte “Le ragazze della rivoluzione” è una delle più ampie produzioni documentaristiche italiane indipendenti di tutti i tempi. Anche se i sei documentari sono stati presentati solo da alcune settimane nei festival internazionali, “La Figlia del Caucaso”, girato in Cecenia, ha ottenuto due settimane fa il premio quale miglior documentario al Los Angeles International Film Festival Indie Short e la nomination al New York Cinematography Award 2020 e “Sfida per la libertà”, realizzato nella tormentata e insanguinata regione colombiana del Cauca, giorni fa ha ricevuto la nomination al Madrid Film Award 2020.