“La tragedia del vendicatore” al Teatro Storchi di Modena

Modena. Declan Donnellan, uno dei più grandi registi europei, Leone d’Oro alla carriera, dirige per la prima volta degli attori italiani in una coproduzione Piccolo Teatro di Milano ed Emilia Romagna Teatro Fondazione, di cui cura anche la drammaturgia, La tragedia del vendicatore (The Revenger’s Tragedy, 1606), dell’elisabettiano Thomas Middleton, nella versione italiana di Stefano Massini, in scena al Teatro Storchi di Modena dal 17 al 20 gennaio.

Negli ultimi anni sono stati molto apprezzati e applauditi gli allestimenti shakespeariani del regista britannico, come Cymbeline nel 2007, Macbeth nel 2010 e Racconto d’inverno nel 2016, che ora affronta un altro dei capolavori della tradizione teatrale inglese, allegoria potente di un Seicento fatto di intrighi, di corruzioni, di narcisismi e di brame di potere.
Contemporaneo a Shakespeare – era di sedici anni più giovane del Bardo – Middleton attribuisce ai personaggi della sua pièce nomi “parlanti”, così da connotarne fin da subito il ruolo e il comportamento: Vindice, Spurio, Supervacuo, Lussurioso, Ambizioso, Castiza.
“Middleton e Shakespeare – spiega Donnellan – si affermarono in una Londra scenario di cambiamenti dirompenti. Era un tempo di boom economico e bancarotta, dominato da un disagio sociale destinato a sfociare nella rivoluzione che avrebbe, alla fine, completamente distrutto il contesto culturale dei due autori. Leggendo Middleton si percepisce una minaccia incombente, che cresce come un tumore invisibile fino a scoppiare, alimentata dal rancore e dall’ingiustizia.
Ci parla di un governo corrotto, invischiato in loschi affari, di un popolo che si compra al prezzo dei beni di consumo. Descrive una società ossessionata dal sesso, dalla celebrità, dalla posizione sociale e dal denaro, dominata dal narcisismo e da un bisogno compulsivo di auto rappresentarsi per convincere gli altri – ma soprattutto se stessi – di essere buoni e belli”.
“All’epoca l’Italia – conclude Donnellan – era un luogo proibito che ben pochi inglesi avrebbero visitato. L’Europa cattolica rappresentava per gli inglesi protestanti un altrove simile a quel che la Russia sovietica incarnava quando eravamo ragazzi: era il potenziale invasore, latore di un’ideologia perniciosa”.

Declan Donnellan è condirettore artistico della compagnia inglese Cheek by Jowl. Come regista associato al National Theatre di Londra annovera tra le sue produzioni: Fuenteovejuna, Sweeney Todd, The Mandate, le due parti di Angels in America. Tra le altre produzioni in prosa: Le Cid (Festival d’Avignon); The Winter’s Tale (Maly Drama Theatre di San Pietroburgo); Shakespeare in Love (West End). Le regie d’opera includono: Falstaff (Festival di Salisburgo). Per il balletto realizza: Romeo and Juliet, Hamlet (Bolshoi). Al cinema ha diretto Bel Ami (2012). Nel 2009, Declan ha condiviso, con il biologo statunitense Craig Venter e l’arcivescovo Desmond Tutu, il Premio Carlemany, promosso dal Principato di Andorra. Nel 2016 ha vinto il Leone d’Oro alla carriera a Venezia ed è stato nominato Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico per servizi alle arti drammatiche in occasione del Giubileo della Regina del 2017. Il suo libro, L’attore e il bersaglio, è uscito inizialmente in Russia nel 2000, per essere poi tradotto in quindici lingue. In Italia è stato pubblicato nel 2002 da Dino Audino Editore.

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