“La Madre”, Lunetta Savino protagonista dell’opera di Florian Zeller al Teatro San Ferdinando

Napoli. Dal 14 al 24 marzo al Teatro San Ferdinando va in scena “La Madre”, opera teatrale del drammaturgo francese Florian Zeller, che ha debuttato per la prima volta a Parigi nel 2010.
Fa parte della Trilogia “Il padre, La madre e Il figlio” e la versione proposta a Napoli – della durata di 1 ora e 25 minuti – è frutto di una coproduzione della Compagnia Molière, del Teatro di Napoli – Teatro Nazionale e dell’Accademia Perduta/Romagna Teatri, regia di Marcello Cotugno, con Lunetta Savino nel ruolo della madre, Andrea Renzi in quello del padre, Niccolò Ferrero nella parte del figlio e Chiarastella Sorrentino in quello della ragazza.
Anna (Lunetta Savino) è una madre ossessionata dall’amore per il figlio maschio che, ormai 25enne, ha lasciato la casa familiare per vivere con la propria compagna.
Il tempo è trascorso molto velocemente e lei, dopo avere dedicato la propria esistenza a crescerlo, si sente sola e abbandonata da questo ragazzo al quale è legata in maniera morbosa, anche a causa della fine del rapporto coniugale caratterizzato da una ripetitività di gesti e interrogativi sempre uguali, ai quali entrambi i coniugi danno risposte di circostanza, peraltro all’altro già note.
Inizialmente sembra quella che Zeller ha definito “black comedy”, tant’è che strappa risate al pubblico in sala, ma poi il registro cambia perché si manifesta tutto il malessere di coppia per l’incomunicabilità, la fine del rapporto e in particolare quello vissuto dalla donna.
In scena arrivano i piani multipli lungo i quali la mente di Anna si muove, in cui le realtà si sdoppiano creando l’illusione che ognuna di quelle rappresentate sia vera e autentica.
Pertanto, uno stesso dialogo viene riproposto in un tono e una soluzione narrativa differente trovando come espediente, per sottolineare la fine di una versione e l’inizio di un’altra, il cambio di luci, la musica e lo spostare il tavolo verde e le sedie pure verdi – unici arredi mobili sul palco – mentre il frigorifero è fisso come le cornici bianche delle porte di ingresso che delineano il peri-metro della zona centrale del palco, dove si muovono i personaggi, rialzata rispetto al resto.
Sul soffitto uno specchio, che in alcuni momenti si inclina a inquadrare il pubblico, quasi a volere sottolineare come quello stato d’animo ha interessato e interessa molti di noi.
In alcune circostanze non è possibile capire se si tratti di una sua visione onirica o della realtà, resa in maniera iperrealistica.
Il legame tra i membri del nucleo familiare viene evidenziato dai colori dei loro abiti tutti inizialmente in una gradazione di bianco e beige, per poi rompere l’armonia con il famoso abito rosso di cui Anna parla sin dalle prime battute, replicato dalla fidanzata del figlio che si scopre essere l’amante del marito.
Due sono i finali proposti: quello del figlio che ammazza la madre esasperato da questo amore morboso e quello del figlio tanto atteso che, invece, finalmente arriva con una rosa rossa a trovare la madre che così ritrova il sorriso.

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