Il Teatro Filarmonico di Verona omaggia Schubert, Brahms e Schumann

Verona. Aperto da “Rosamunde”, una delle pagine più solenni di Schubert, il programma del prossimo fine settimana include due vette dell’Ottocento tedesco con i suoi massimi rappresentanti impegnati a raccogliere il testimone beethoveniano: di Brahms è proposto l’intimo “Doppio Concerto per violino e violoncello” con le prime parti dell’Orchestra areniana Günther Sanin e Sara Airoldi; segue la “Sinfonia n. 1” di Schumann, vivace pagina sospesa fra tradizione e innovazione, ispirata alla Primavera. Sul podio debutta il giovanissimo, ma già affermato, Nikolas Nägele.
Il concerto, realizzato in collaborazione con Anfols Teatri nell’iniziativa #apertinonostantetutto, sarà trasmesso in streaming venerdì 13 novembre alle 20.00 sulla webtv di Fondazione Arena e sui canali Facebook e Youtube e, come i precedenti, resterà online per la visualizzazione.
Il giovane maestro tedesco Nikolas Nägele, che a soli trent’anni è già assistente di Christian Thielemann e Kapellmeister presso la Deutsche Oper di Berlino, approda a Verona dopo un’intensa frequentazione del repertorio operistico e non solo. Il suo programma per il concerto del 13 novembre, occasione nella quale debutta alla guida dell’Orchestra areniana, è interamente dedicato a tre diverse declinazioni del Romanticismo tedesco.
Si inizia con Franz Schubert (1797-1828), contemporaneo di Beethoven, di lui più giovane, prolifico e affermato nella mondanità viennese, e scomparso giovanissimo solo un anno dopo il genio di Bonn. Per il dramma “Rosamunde” (Rosamunda, principessa di Cipro) di Helmina von Chézy scrisse delle musiche di scena la cui fascinosa bellezza melodica e timbrica rivive spesso in prestigiose incisioni e numerose sale da concerto. Alle musiche di scena, di stampo preromantico e catalogate oggi come “D 644”, è stata in seguito associata l’Ouverture originariamente composta da Schubert per Die Zauberharfe, che si potrà ascoltare in questa occasione. Il brano si apre con un’atmosfera sospesa e misteriosa per poi aprirsi ad un festoso do maggiore.
Il secondo più ampio brano è in realtà tardo-romantico, venato dai colori dell’aureo autunno di Johannes Brahms (1833-1897). Il burbero introverso di Amburgo, viennese per successo e d’adozione, scrisse questo “Doppio Concerto per violino, violoncello e orchestra” nel 1887 per il violoncellista Robert Hausmann e per il violinista Joseph Joachim, storico amico e collega, affrontando di fatto l’ultima composizione sinfonica della propria vita e dedicando l’ultima decade della sua produzione alla musica cameristica. Genere e organico sicuramente influenzano questo Concerto, che parte teso e appassionato nel tempestoso Allegro iniziale, ma lascia gradatamente spazio al melodico dialogare dei solisti nell’Andante successivo e nel Vivace finale. Partendo dalla sempre incombente forma-sonata, qui Brahms mostra la sua natura più intima, delicata ed elegante, con soluzioni armoniche mai scontate e inesauribili sviluppi tematici. Protagonisti concertanti di questa raffinata pagina sono due prime parti dell’Orchestra dell’Arena: Günther Sanin al violino e Sara Airoldi al violoncello.
Quando ancora i musicisti d’Europa si chiedevano quale sarebbe stato il futuro del genere sinfonico dopo il messaggio universale e l’introduzione del coro nell’ultima sinfonia compiuta di Beethoven, la gloriosa “Nona”, il coraggioso pianista, critico, compositore e sperimentatore Robert Schumann (1810-1856) capeggiava una nuova generazione di musicisti che oggi vengono considerati “romantici” ed aprì la strada a nuovi talenti, tra cui il giovanissimo Brahms. Nel 1841 e in poche settimane Schumann realizzò la sua prima sinfonia, che fu eseguita pochi mesi dopo a Lipsia grazie alle cure di concertazione dell’entusiasta collega Felix Mendelssohn. I richiami a certe prassi haydniane e beethoveniane si manifestano per esempio nel primo movimento in forma-sonata preceduto da un’introduzione lenta, nel “Larghetto” del secondo movimento e nello “Scherzo” di quello seguente. La prorompente e originale carica melodica e ritmica pervade i quattro movimenti nell’impianto dominante di si bemolle maggiore secondo i dettami della forma-sonata e lasciano trasparire il programma iniziale cui Schumann si ispirò: un’ode alla primavera del poeta Adolf Böttiger, riferimento rimosso dal compositore già alla prima esecuzione, all’alba di un dibattito che sarebbe stato in pochi anni sempre più acceso tra musica “assoluta” e “a programma”. Sono numerose, infatti, le libertà formali della composizione, nonché le innovazioni strutturali e timbriche, tra cui diversi richiami tematici tra un movimento e l’altro, che rivelano l’intimo desiderio di creare in musica il “risveglio della primavera”, il suo sviluppo e un “addio” della stessa, ciclico ed eterno.

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