I paradossi di Pirandello ne “Il piacere dell’onestà”

Roma. Dal 2 al 7 aprile, al Teatro Vascello, andrà in scena “Il piacere dell’onestà” di Luigi Pirandello. Dopo aver messo in scena “Così è se vi pare”, l’attore e regista Alessandro Averone torna a Pirandello con “Il piacere dell’onestà”.
Si tratta di uno dei testi più grotteschi di Pirandello, nel quale con straordinaria maestria, attraverso il meccanismo del paradosso, l’autore mette in risalto le tematiche che gli sono care.
Angelo Baldovino, malvisto dalla società in cui vive a causa del suo passato costellato di imbrogli dovuti al vizio del gioco, su invito di un vecchio compagno di scuola accetta di unirsi in matrimonio con Agata, una giovane donna che aspetta un bambino da un nobile ammogliato, il marchese Fabio Colli. Un matrimonio, insomma, che deve creare l’apparenza della rispettabilità ed evitare lo scandalo. Baldovino, con questa scelta, vuole farsi vendetta contro la società che “nega ogni credito alla mia firma”, cercando di apparire onesto all’interno di una lucida finzione in un mondo che non rende affatto facile esserlo. L’apparenza di onestà che gli viene richiesta spinge via via Angelo a comportarsi in modo spietatamente sincero mentre tutti gli altri attorno a lui faranno sempre più difficoltà a restare ‘in parte’. Solo la giovane Agata ne coglie il senso profondo, nutrendo per Baldovino una specie d’amore. Così quello che è nato come un inganno sociale si trasforma nell’unione vera di due esseri.

In scena, accanto allo stesso Alessandro Averone, anche Alessia Giangiuliani, Laura Mazzi, Marco Quaglia, Gabriele Sabatini, Mauro Santopietro, con le scene di Alberto Favretto i costumi di Marzia Paparini e le luci di Luca Bronzo.
“Ci muoviamo costantemente circondati da immagini – racconta Alessandro Averone – infinite immagini di come gli altri ci appaiono, di come noi appariamo a noi stessi e al mondo che ci circonda. Immagini di come vorremmo essere percepiti, di come gli altri vorrebbero essere visti da noi. Forme, involucri a cui l’uomo si aggrappa disperatamente per ancorarsi ad un senso del proprio essere. Il dibattersi grottesco dell’essere umano nel tentativo di rinchiudere la sostanza della propria persona in una forma riconoscibile che ne sancisca una verità. Non importa come e non importa a che prezzo.
Fosse anche la limpida e chiara onestà di una menzogna costruita a tavolino, di comune accordo. Per sopravvivere. Con la consueta causticità e maestria delle dinamiche teatrali Pirandello ci accompagna all’interno di un salotto borghese. Luogo principe dell’ipocrisia e dell’immagine, e ci mostra con un limpido paradosso la drammatica e ridicola difficoltà di essere radicalmente e compiutamente se stessi”.

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