“Gilgamesh”, a Modena va in scena l’epopea di colui che tutto vide

Modena. Luigi Lo Cascio, Vincenzo Pirrotta e Giovanni Calcagno, che firma anche testo e regia, sul palco del Teatro Storchi di Modena dal 2 al 5 febbraio (giovedì e venerdì ore 20.30, sabato 19.00 e domenica 16.00) danno vita a una narrazione su uno dei poemi più antichi “Gilgamesh”. Lo spettacolo, prodotto da Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale e in scena in prima assoluta, è scandito dalle musiche originali di Andrea Rocca e dalle composizioni video di Alessandra Pescetta ispirate ai grandi temi al centro del testo: la vita, la morte e la guerra. In occasione della replica di sabato 4 febbraio, alle ore 17.00 appuntamento con “Conversando di teatro” in collaborazione con gli Amici dei Teatri Modenesi. Luigi Lo Cascio, Vincenzo Pirrotta e Giovanni Calcagno incontrano il pubblico insieme a Maria Chiara Rioli, professoressa associata presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali dove insegna anche Storia e culture contemporanee e Storia dell’Islam. A moderare l’incontro è Angela Albanese, professoressa associata di Letterature Comparate presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali. Circa due secoli fa, negli scavi della biblioteca di Assurbanipal a Ninive, gli archeologi portarono alla luce una serie di tavolette. Quando fu decifrata la scrittura cuneiforme, esse rivelarono il titolo di un poema: Di colui che vide le profondità e le fondamenta della terra, verso a cui si ispira il sottotitolo dello spettacolo. «Quando ebbe una prima traduzione dell’opera – commenta il regista Giovanni Calcagno – Rilke affermò di non aver letto mai niente di così potente, e più tardi anche Elias Canetti, dopo averne ascoltato alcuni brani recitati da un suo amico attore, manifestò la necessità di confrontarsi con questo testo per tutta la vita. Anch’io, nel mio piccolo, sono rimasto folgorato quando ho potuto contemplare, al museo delle civiltà anatoliche di Ankara, i bassorilievi ittiti che rappresentavano gli episodi salienti dell’epopea. Era il 2006, e da allora questa storia continua a procurarmi uno strano senso di necessaria inquietudine. Per questo, così come hanno fatto chissà quanti cantastorie prima di me, cerco di tramandarla, raccontandola a chi non la conosce». “Gilgamesh” è la storia di un giovane re che, dopo aver sperimentato il dolore per la morte del migliore amico Enkidu, lascia il trono e gli agi di corte per andare alla ricerca del segreto della vita eterna e della verità sulla caducità dell’esistenza. Alla fine del suo peregrinare, dopo aver interrogato l’unico uomo sopravvissuto al Diluvio con cui si apre il testo, torna in patria con la certezza che il destino dell’uomo è di essere mortale. II viaggio di Gilgamesh ai confini del mondo, da un punto di vista eroico, è un completo fallimento, ma la sua sconfitta diventa un nuovo punto di comprensione delle cose della vita. «Questa sua esperienza di una visione nuova quanto mai fresca e necessaria per noi oggi – conclude Calcagno – ci chiede di essere trasmessa e raccontata. Convinti dunque che il testo dell’epopea sia uno spartito da suonare ad alta voce, eccoci pronti a “togliere la polvere” da uno dei più grandi tesori della letteratura di tutti i tempi».

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