Filippo, il principe-pittore raccontato da Enrica Roddolo

Milano. Se la passione per l’arte di Carlo, il principe di Galles, è ben nota, molto più segreta, privata, coltivata in solitudine per una vita intera, è l’amore per tela, colori e cavalletto di Filippo, duca di Edimburgo e principe consorte della regina Elisabetta scomparso a un soffio dal secolo di vita, il 9 aprile scorso. Una passione che ripercorre Enrica Roddolo, giornalista del Corriere della Sera, nel suo nuovo libro “Filippo and the Queen” (Corriere della Sera-Cairo) in edicola e libreria (288 pagg, 17 euro). “Padre e figlio, altrimenti molto diversi tanto che Filippo diceva di Carlo “Lui è un romantico io un pragmatico”, sono stati accomunati dalla passione per l’arte e la pittura, anche se Filippo predilige la pittura a olio mentre Carlo gli acquarelli che ama dipingere spesso in Italia oltreché nella campagna britannica”, spiega Roddolo che ripercorre la nascita di una passione del tutto personale per il principe Filippo. “Per anni il duca di Edimburgo ha così continuato a mettersi davanti al cavalletto, meglio se all’aperto, per dipingere paesaggi. A Balmoral, nell’amata tenuta di vacanza in Scozia, o a Sandringham dove oltreché con la pittura Filippo fino all’ultimo ha coltivato l’amore per le corse in calesse (surrogato delle corse al volante alle quali da qualche tempo aveva dovuto rinunciare). Ma ha ritratto anche la regina, in scene d’ambiente, con colori a olio dai toni sempre caldi e morbidi”.

“E fu infatti Filippo, con il principe Carlo, a occuparsi del restauro del castello di Windsor distrutto in parte dal grande incendio del 1992, l’anno definito horribilis dalla regina nel celebre discorso alla Guildhall di Londra, continua l’autrice di Filippo and the Queen. Nel 1956, il pittore fiorentino Pietro Annigoni venne invitato dall’Accademia Reale britannica nella capitale inglese. In quel periodo stava realizzando il ritratto di Filippo, che intendeva portare a termine per consentirne l’esposizione, accanto a quello della regina Elisabetta, nella grande sala del palazzo della Fishmongers’ Company. Il pittore aveva già spedito a Londra un abbozzo del quadro, dipinto nel suo studio fiorentino, sui disegni fatti in alcune sedute del marito della regina. E nel 1957 quando la tela fu svelata, qualcuno sulla stampa notò il ritratto di un principe un po’ troppo severo, quasi affaticato, pur magnifico nei suoi abiti scozzesi. L’ex segretario privato Michael Parker dissipò però subito i dubbi sulla tela e su quello sguardo autoritario: “è uno sguardo che conosco bene, disse””.

Già lo sguardo di un decisionista, un principe nato a Corfù, vissuto esule, educato a Parigi e Londra, o meglio in Scozia, e vissuto una vita un passo indietro rispetto alla regina. Ma in realtà molto presente nella vita quotidiana della sovrana e nelle sue valutazioni di lavoro. Con Filippo la regina ha assicurato dal 1952, da quando prese il posto del padre Giorgio VI  anche se l’incoronazione sarà solo nel 1953, il suo valido appoggio al Regno Unito post Brexit. “E nell’incertezza post Brexit, il governo britannico ha confidato subito nel soft power dei Royals per rassicurare la comunità internazionale: William e Kate sono stati a Parigi nel 2017 e un Grand Tour italiano del 2017 portò invece Carlo e Camilla anche a Roma e in Vaticano: innegabilmente i reali sono spesso dispiegati dal Foreign Office britannico come portabandiera di Londra e della sua apertura al mondo. La forza mediatica espressa dai Windsor resta incredibilmente forte, conclude Roddolo. Ma per il futuro la Firm dei Windsor dovrà fare a meno di Filippo. E Londra avrà molto bisogno del soft power dei suoi Royals per ripartire dopo la pandemia e dopo la Brexit”.

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