Eva Cantarella racconta l’amore classico al Festival di “Salerno Letteratura”

Salerno. È un gradito ritorno quello di Eva Cantarella al Festival di “Salerno Letteratura”, la kermesse che ormai da sette anni vivacizza la già movimentata offerta culturale estiva della città di San Matteo.
Un’occasione per intrecciare i luoghi più belli del centro storico salernitano con le opere e le riflessioni degli autori che si alternano nei giorni del festival: un’offerta variegata che spazia dai gialli alla letteratura classica senza trascurare appuntamenti dedicati ai più piccoli.

E l’incontro con Eva Cantarella si inserisce proprio nel filone della letteratura che strizza l’occhio alla classicità. Storica e giurista, docente in prestigiosi atenei non solo in Italia ma anche all’estero, Eva Cantarella ha al suo attivo decine di pubblicazioni concernenti il mondo greco e romano e il suo recente volume, “Gli amori degli altri” pubblicato da La nave di Teseo, è stato oggetto della bellissima conversazione che l’ha vista protagonista all’interno della Chiesa dell’Addolorata. A condurre l’incontro è stato Angelo Meriani, docente presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Salerno. Si parte da un assunto basilare, ovvero l’alterità del mondo greco e romano rispetto al nostro. È vero che la nostra società, per molti aspetti, è indissolubilmente legata alla Grecia e a Roma ma non tutto è come appare. Il volume è suddiviso in due parti, la prima dedicata agli amori greci e la seconda agli amori latini. Ed è proprio l’amore e le emozioni ad esso legate che offrono terreno fertile per un lungo ed affascinante excursus. I greci non conoscevano una sola parola per identificare l’amore, è il caso della differenza – sostanziale – tra “eros” (ἔρως) e “filia” (ϕιλία): “Ho scelto di affrontare questo argomento – spiega Cantarella – perché attorno ad esso esiste una grande retorica. Crediamo che la concezione dell’amore sia uguale in tutti i popoli ma non è affatto così perché la percezione stessa del sentimento è influenzata dalla cultura di cui quel popolo è figlio. Se il termine eros identifica l’amore illecito e passionale, la parola filia indica l’amore e l’amicizia, non necessariamente in ambito coniugale. La filia – prosegue l’autrice – cresce e si consolida nel tempo, soprattutto in ambito matrimoniale, dato che all’epoca le nozze erano combinate”. “Mentre l’eros – aggiunge Meriani – è per i greci qualcosa di sconfinato, che oltrepassa persino i limiti umani, basti pensare all’amore per il vento o per una fonte”. “L’amore greco – spiega la storica – porta un essere umano anche ad innamorarsi perdutamente di un elemento naturale. Cito a titolo esemplificativo la storia di Aretusa o quella della Luna e di Endimione, ma esso può assumere anche aspetti distruttivi come nel caso di Medea che, per vendicarsi di Giasone, arrivò persino ad uccidere i loro figli. La sua è una tragedia segnata dalla gelosia e dalla vendetta ma ci ricorda pure il livore nutrito da questa donna, mai accettata del tutto dai greci perché straniera e, quindi, considerata barbara”.

“Altro tema scottante – ricorda Meriani – è l’amore mercenario, la consuetudine di unirsi con meretrici o con prostituti di sesso maschile, atteggiamenti molto distanti dai nostri”. “Quando sosteniamo che i greci erano monogami – aggiunge Cantarella – dobbiamo specificare che potevano avere una sola moglie ma, in realtà, avevano numerose concubine e amanti che in molti casi vivevano in famiglia. Non dimentichiamo, inoltre, che i giovinetti di età compresa tra i 12 ed i 17 anni vivevano relazioni con maschi adulti e ciò rientrava nella normalità in quanto facente parte della “paidéia” (παιδεία), ovvero l’educazione impartita agli adolescenti e che consentiva loro di diventare cittadini virtuosi. A 17 anni, però, il rapporto si interrompeva perché il giovane raggiungeva l’età virile e, pertanto, il ruolo passivo diventava attivo. A distanza di pochi anni avrebbe scelto a sua volta un adolescente da amare e da educare, così come richiesto dalla società”.
Non va trascurato il mondo romano, ovviamente, del quale il libro della Cantarella ha analizzato gli aspetti più interessanti. “La cessione delle consorti – illustra l’autrice – non era affatto anomala nella società romana. Di questa pratica c’è traccia in molti autori, come ad esempio in Lucano. All’interno di un matrimonio in cui già vi erano figli un marito poteva decidere di cedere la propria moglie in età fertile, affinché “servisse” per il prosieguo della specie. Una pratica disumana secondo il nostro modo di pensare ma tacitamente accettata e condivisa all’epoca”.
Nel corso della piacevolissima chiacchierata con Eva Cantarella sono stati affrontati i punti salienti del suo volume e tale scelta ha avuto il merito di solleticare in modo efficace la curiosità del pubblico. Il libro – come ha sottolineato Meriani – è scritto in un linguaggio godibile e la lettura di esso scorre veloce, infondendo un piacere estremo nel fruitore. 
La cultura classica è nostra innegabile maestra, a lei dobbiamo la struttura della nostra società, la nostra impostazione politica, il nostro vocabolario, solo per menzionare gli aspetti principali del nostro vivere quotidiano. Ma la complessità del mondo greco – romano, la sua distanza non solo temporale ma anche concettuale rispetto alla società odierna rende i nostri precursori ricchi di fascino, stimolando la sete di conoscenza dei contemporanei e arricchendoli a distanza di secoli.

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