“Caini”, al Teatro Franco Parenti un focus sull’irrevocabilità dei legami di sangue

Milano. Dal 28 novembre al 3 dicembre, presso la Sala Tre del Teatro Franco Parenti, andrà in scena “Caini”, drammaturgia e regia di Mario De Masi con Alice Conti, Alessandro Gioia, Giulia Pica, Fiorenzo Madonna, Antonio Stoccuto.

La famiglia di Caini è un nucleo chiuso ed esclusivo, fondato non solo sull’irrevocabilità del legame di sangue, ma anche intorno a un patto. Tutto ciò che è estraneo viene considerato ostile, portatore di una diversità che se non si omologa, non viene riconosciuta e, di conseguenza, va eliminata.
L’ingresso di una figura esterna, tramite la figlia, ha una portata rivoluzionaria per le abitudini del gruppo familiare. Il discorso dell’artista sulla verità e il suo modo di essere – candido, puro, trasparente – aprono una breccia nell’identità monolitica dei Caini e fanno emergere dubbi, che rischiano di mettere in discussione la presunta indissolubilità del loro patto di sangue. Lo scontro tra modi di stare al mondo diviene, dunque, inevitabile, riconfermando e irrigidendo le rispettive identità. La situazione precipita quando l’artista espone la sua visione, l’intuizione che porterà alla prossima opera.
Il suo tentativo di cogliere la verità funge involontariamente da “trappola per topi” per la coscienza sporca di sangue dei Caini. Messi di fronte allo specchio e viste smascherate, per puro caso, le dinamiche dell’assassinio del padre, da loro stessi compiuto anni prima, essi rivivono il lato macabro dell’atto fondativo della loro comunità.
La mimesi del loro segreto è la goccia che fa traboccare il vaso, che accende la miccia della violenza sacrificale, atto espiatorio che ristabilisce l’ordine del patto familiare.
Il sacrificio placa la loro ancestrale sete di sangue e non resta altro che chiedere perdono all’incolpevole capro espiatorio. L’arte assolve qui al suo compito: smuove le coscienze, illumina le convenzioni che crediamo verità assolute; problematizza il nostro posto nel mondo, ci sposta, ci commuove e, allo stesso tempo, espone chi si prende la responsabilità di reggere quello specchio alla natura.

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