Anna Galiena si racconta: “Le sfide migliori sono quelle che ancora dobbiamo affrontare”

Roma. Ai profani il mondo dello spettacolo appare spesso popolato da personaggi avvolti da un’aura misteriosa che sembra donare loro un aspetto irraggiungibile. In realtà, quando si ha la fortuna di confrontarsi con alcuni di loro, si scoprono persone contraddistinte dalla forte umanità e da una gentilezza rara unita ad un’eleganza innata, soprattutto dei modi.
Ci riferiamo ad Anna Galiena, amatissima dal grande pubblico per le indubbie capacità attoriali.
Un volto magnetico, una bellezza carismatica che le ha consentito di calarsi in ruoli ricchi di fascino, grazie anche a doti interpretative che hanno messo in luce il suo talento indiscusso.
Una carriera iniziata prestissimo attraverso l’incontro con il teatro, carriera che le ha aperto sin da subito i confini consentendole di studiare recitazione a New York, presso l’Actor’s Studio, ma di conoscere anche i set europei, soprattutto in Francia e in Spagna.
L’amore per il teatro, certo – è Nina ne “Il gabbiano” di Čechov e Natasha in “Tre sorelle”, del medesimo autore – ma anche le tantissime partecipazioni televisive e cinematografiche che, a partire dagli anni Novanta, le hanno permesso di farsi amare da tutti. È diretta da registi famosissimi come Francesca Archibugi ne “Il grande cocomero”, da Alessandro D’Alatri in “Senza pelle” e da Gabriele Muccino in “Come te nessuno mai”.
E, ancora, è una delle protagoniste di “Capri 2”, “Il falco e la colomba”, “Romanzo famigliare”, senza dimenticare i film stranieri come “Les femmes et les enfants d’abord” e “Le coup du sort”.
Di recente, invece, ha deciso di unirsi ai tanti artisti che compongono la lista denominata “La Squadra per l’Audiovisivo” in vista delle elezioni per il rinnovo degli organi del Nuovo IMAIE (22-24 maggio): un impegno stimolante e necessario visto il delicato e complesso periodo storico affrontato dal mondo della cultura e dello spettacolo.
La raggiungiamo telefonicamente durante un mite pomeriggio primaverile e l’intervista si trasforma ben presto in una piacevolissima chiacchierata consentendoci di scoprire una persona a dir poco deliziosa.

Lei ha recitato in numerose pellicole di successo, pensiamo ai ruoli cinematografici, alle fiction ma anche al teatro – che ci risulta essere la sua prima passione. Pertanto, le chiediamo: c’è un personaggio a cui è maggiormente legata oppure ha amato tutte le donne che ha impersonato?
Quella per il teatro non è una passione ma un vero e proprio amore, ho calcato per la prima volta il palcoscenico all’età di 4 anni. Non posso dirle di aver preferito un personaggio rispetto ad un altro, sono legatissima a tutti i ruoli che ho interpretato, nessuno escluso. Di sicuro l’autore teatrale a cui mi sento più affine è Shakespeare, questo posso dirlo con certezza. E poi non amo indulgere al ricordo del passato, a mio avviso le sfide migliori e più stimolanti sono quelle che devono ancora essere affrontate. Anche grazie alle mie esperienze all’estero e alle diverse lingue in cui ho recitato ho avuto modo di interfacciarmi con la traduzione. In Italia, dal punto di vista teatrale, purtroppo esistono pochi ruoli per le donne più mature, diciamo così.

Ha lavorato con registi famosi ma ha condiviso l’esperienza attoriale anche con colleghi di fama internazionale che stima molto, pensiamo a Robin Williams, Penelope Cruz e Kim Rossi Stuart: immaginiamo che questo sia stato fonte di arricchimento professionale e personale: può raccontarci qualche aneddoto legato a loro?
Assolutamente, la mia carriera ha avuto inizio all’estero e questo mi ha consentito di arricchire le mie esperienze professionali dando loro una dimensione di respiro internazionale. Ricordo un aneddoto in particolare legato a Michel Serrault. Il film si intitolava “Vieille canaille” e i nostri ruoli mutavano nel corso del film: all’inizio io ero la segretaria un po’ impacciata del tipografo e poi mi trasformavo nella pupa del gangster. Un giorno avevamo finito di girare la scena in cui lui interpretava il tipografo e il mio compagno di allora, Philippe, appena arrivato sul set mi chiese dove fosse Michel. Gli risposi: “Adesso abbiamo finito di girare la scena insieme, non lo hai visto?”. Ecco la grandezza di Serrault, si era talmente calato nella parte da risultare un uomo anonimo, irriconoscibile.

Lei è tra gli artisti che compongono la lista “La Squadra per l’Audiovisivo”, candidata alle elezioni del prossimo maggio per il rinnovo degli organi del Nuovo IMAIE, una sfida importante e doverosa, soprattutto in questi tempi così incerti per la cultura: può dirci come è nata questa avventura e quali sono i suoi obiettivi?
Negli anni scorsi mi è stato spesso chiesto di prendere parte attivamente ad iniziative analoghe ma non ero mai convinta del tutto. Questa volta è diverso, a causa dei tempi che stiamo vivendo ho deciso di fare qualcosa, ho ritenuto che fosse indispensabile. E poi ho avuto subito l’impressione che il programma fosse concreto e che la partecipazione di ognuno fosse trasparente ed entusiasta. Ho sempre stimato la realtà del Nuovo IMAIE ma negli ultimi tempi pensavo che ci fossero degli aspetti che andavano modificati. Spero di contribuire a questo cambiamento.

Quali sono i suoi prossimi progetti lavorativi? C’è qualche sogno nel cassetto che le piacerebbe concretizzare in futuro?
Ho diverse idee ma non amo parlarne, per un semplice motivo: a causa della pandemia non è possibile fare programmi né a breve né a lungo termine, tutto può cambiare in un istante. Dovrebbe uscire un film ma tengo in modo particolare ad un lavoro di cui mi sono occupata in prima persona: mi sto dedicando ad alcuni testi di Shakespeare ma anche ad autori contemporanei, come Noël Coward. È un progetto che si presta maggiormente ai mutamenti nella programmazione e, avendolo curato direttamente, è più semplice modellarlo in base alle diverse esigenze lavorative.

Crediti foto Marco Rossi.

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