Alfano e Mascagni insieme al Teatro Regio di Torino

Torino. Unire in una sola serata due spettacoli molto lontani per genere e gusto può sembrare azzardato ma l’operazione compiuta dal Teatro Regio di Torino, che, in questi giorni, offre al suo pubblico una bella produzione de “La giara” di Alfredo Casella e la celeberrima “Cavalleria rusticana” di Pietro Mascagni, è più che riuscita. Il debutto del 12 giugno lascia pochi dubbi, in generale, sulla qualità della scelta compiuta e, in particolare, sull’ottimo livello delle due produzioni: “La giara” è stata commissionata dal Teatro Regio alla Compagnia Zappalà Danza, fondata da Roberto Zappalà nel 1990 e considerata oggi dalla critica europea una delle più interessanti realtà della danza contemporanea non soltanto italiana, come dimostra il costante sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Regione Sicilia; la tragica e immortale storia di “Cavalleria rusticana” rivive nel nuovo allestimento firmato da Gabriele Lavia, artista torinese che continua a farsi apprezzare per il gusto con cui cura tutti i suoi lavori. L’Orchestra del Teatro Regio, presente in entrambi i titoli, è diretta dal maestro Andrea Battistoni, mentre il Coro, impegnato nel solo capolavoro di Mascagni, è diretto da Andrea Secchi.

Come è noto, nella novella di Luigi Pirandello, la giara è una prigione, letterale per il riparatore di giare Zi’ Dima, chiuso al suo interno, e simbolica per Don Lollò, il padrone, prigioniero della “roba”. Alfredo Casella seppe cogliere il carattere emblematico, in bilico tra ironia e grottesco, creandone nel 1924 una partitura musicale su richiesta dei Ballets Suédois, con coreografia di Jean Börlin e scene e costumi di Giorgio De Chirico. Una musica ricca di spunti ritmici e melodici del folklore siciliano, trasposti però in una dimensione ideale e fuori dal tempo, fatta di emozioni. Sono queste emozioni e questi spunti simbolici che Zappalà riprende nella coreografia, nelle scene e nelle luci, suggerendo uno spazio in cui la giara è sia contenitore della danza sia dimensione narrativa; luogo chiuso, limitato ma protetto, nel quale scorre la vita – il movimento – e dal quale osservare ciò che sta al di fuori, suggestiva ambivalenza che coinvolge il pubblico nell’interpretazione. Lo spettacolo vede protagonisti undici interpreti maschili. Regia, coreografia, scene e luci della creazione sono di Roberto Zappalà, la drammaturgia è di Nello Calabrò, i costumi sono di Veronica Cornacchini e Roberto Zappalà, assistenti alla coreografia sono Ilenia Romano e Fernando Roldán Ferrer. Il nuovo allestimento è di Scenario Pubblico/CZD.

Nella seconda parte della serata è andata in scena “Cavalleria rusticana”, il capolavoro di Pietro Mascagni in un nuovo allestimento con la regia di Gabriele Lavia e scene e costumi di Paolo Ventura, il poliedrico artista milanese che ha rivoluzionato la fotografia contemporanea. La novella di Giovanni Verga, dramma della gelosia che racconta anche di una cultura e di un territorio, fu messa in musica da Mascagni nel 1890, segnando la storia dell’opera e l’apertura di una nuova pagina del teatro musicale, quella verso un’espressione sonora della narrazione e delle passioni, che solo forzatamente possiamo limitare alla definizione di verismo.

Lavia, punto di riferimento del teatro e del cinema italiano contemporaneo, da ormai una trentina d’anni affianca alla sua importante carriera di attore, regista e doppiatore anche la regia di opere liriche; torna al Regio con un altro titolo verista, con rimandi alle sue origini siciliane, dopo i suoi ammirati Pagliacci.

L’opera doveva essere interpretata da Daniela Barcellona, che ha dovuto rinunciare all’impegno per problemi familiari, e da Carlo Ventre per impegni che sono risultati incompatibili con la sua presenza al Regio.

Nel cast troviamo nomi d’eccezione del panorama musicale: l’applauditissima Santuzza è Sonia Ganassi, tra i maggiori mezzosoprani della sua generazione, è regolarmente invitata nei più prestigiosi teatri del mondo (Metropolitan di New York, Royal Opera House di Londra, Teatro alla Scala di Milano) dove collabora con direttori quali Riccardo Chailly, Riccardo Muti, Myung-Whun Chung, Daniele Gatti, Antonio Pappano, Daniel Barenboim. A seguito dei suoi innumerevoli successi, nel 1999 i critici musicali le assegnano il Premio Abbiati. Torna al Regio dopo aver interpretato Angelina ne “La Cenerentola” del 2004 e la “Messa da Requiem” diretta da Gianandrea Noseda nel 2013 alla Wiener Konzerthaus e nella Kreuzkirche di Dresda. Compare Turiddu è Marco Berti. Il tenore ha cantato sotto la guida di direttori di fama internazionale come Antonio Pappano, James Levine, Daniel Oren; nella sua carriera ha interpretato tutti i principali ruoli operistici della tradizione ottocentesca e novecentesca, sulle principali scene italiane, oltre al Metropolitan di New York, Covent Garden di Londra, Staatsoper di Vienna e Berlino. Nel ruolo di Alfio è Marco Vratogna, baritono stimato per la bellezza del timbro e la presenza scenica. Specializzato nel repertorio verista e verdiano, ha inciso per importanti case discografiche, come la Dynamics, e ha più volte raccolto successi al Regio di Torino, gli ultimi in “Edgar”, “Un ballo in maschera” e “Tosca”. Completano il cast: Michela Bregantin (Lucia) e Clarissa Leonardi (Lola). Nel corso delle nove recite, si alterneranno nei ruoli principali: Cristina Melis (Santuzza), Francesco Anile (Turiddu) e Gëzim Myshketa (Alfio). I movimenti coreografici sono di Anna Maria Bruzzese e le luci di Andrea Anfossi.

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