Il minimalismo in musica, ritorno alle melodie libere dagli eccessi

Roma. Il minimalismo può definirsi come quel procedimento musicale, detto anche minimal music, basato sull’ostentata iterazione di brevi e semplici figure soggette a graduali trasformazioni (Treccani, ndr).
L’ostentato è il movimento ripetuto più volte e composto di poche note che caratterizza il minimalismo. Dunque elementi distintivi sono la semplicità ed una ricerca incessante di un ritorno all’essenziale. L’artista minimalista passa attraverso la complessità per raggiungere un risultato primordiale, pulito da tutte le incrostazioni della contemporaneità.
Probabilmente il successo del genere nell’attuale panorama musicale è dovuto proprio alla capacità della musica minimal di far allontanare il suo pubblico dal frastuono della quotidianità, grazie ad armonie tonali, ritmi costanti e linee sonore che abbracciano l’ascoltatore in un vortice ipnotico senza tregua.
Molti sono gli esponenti di questa corrente artistica che si sviluppa nella seconda metà del ‘900: John Cage, Phil Glass e Steve Reich, per citarne alcuni. Emblematico è il brano 4’33”, per qualsiasi strumento di John Cage. In sostanza, l’opera prevede, semplicemente, di non suonare nulla per 4 minuti e 33 secondi, tempo di durata dell’opera stessa. Si tratta di una provocazione che però testimonia la profonda ricerca musicale dietro i lavori minimal. Infatti, prima della composizione di 4’33’’, Cage era stato presso la camera anecoica dell’Università di Harvard, una stanza insonorizzata ed acusticamente trattata in cui poter “ascoltare il silenzio”, dove il compositore statunitense comprese l’impossibilità di raggiungere il silenzio assoluto. Cage dichiarò di essere riuscito a sentire dei suoni e precisamente quelli prodotti dal suo corpo: il battito del cuore, il sangue in circolazione. Altro esponente di spicco del movimento è il compositore estone Arvo Pärt con la sua celebre “Spiegel im spiegel”.
In epoca più recente, invece, si segnalano Michael Nyman, autore della colonna sonora di “Lezioni di Piano”, film del 1993 scritto e diretto da Jane Campion, in cui è presente la famosissima “The heart asks pleasure first” o, ancora, Ludovico Einaudi e lo stesso Max Richter.
Le ricerche minimaliste hanno avuto in Italia ricadute anche nel mondo del pop: le melodie dei lavori da solista del compositore Dario Faini in arte Dardust evocano senza dubbio quelle minimaliste, nonostante le influenze techno. A conferma della sua ricerca musicale, infatti, il compositore poco tempo fa ha dichiarato di voler “scovare nuovi suoni per cambiare faccia al pop” (Tgcom24, ndr). Si tratta di un autore che ha scritto canzoni che hanno dominato il panorama musicale italiano negli ultimi anni. Tra le altre, si ricorda il brano “Soldi” con cui Mahmood ha trionfato al Festival di Sanremo 2019 e nello stesso anno ha ottenuto il secondo posto all’Eurovision Song Contest.
Il minimalismo, comunque, si è sviluppato in particolare nel campo delle arti figurative, nello specifico in architettura, basandosi su forme semplici, geometrie lineari e materiali derivanti dalle più innovative tecnologie industriali.

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