Festival di Sanremo, un bilancio del quinquennio dominato da Amadeus e Fiorello

Sanremo. Si è chiusa sabato scorso la 74ª edizione del Festival di Sanremo e con essa anche l’era Amadeus che per un lustro è stato conduttore e direttore artistico della kermesse. L’amministratore delegato della Rai Roberto Sergio ha mostrato segnali di apertura per un sesto incarico al presentatore ma quest’ultimo ha già declinato.
Proviamo a definire i contorni del format che in questo quinquennio ha battuto record su record, sia di ascolti radiotelevisivi sia di stream sulle piattaforme. Ma andiamo con ordine.
Nel 2020 viene affidato al presentatore ravennate il 70esimo Festival della Canzone Italiana, dopo il biennio firmato da Claudio Baglioni. Sin da subito, Amadeus sceglie di farsi affiancare dall’amico e showman Fiorello, dando vita a quello che da lì in poi sarebbe stato noto come il duo degli “Amarello”. L’entrata in scena è di grande impatto: i due arrivano all’Ariston sulla carrozza di Cenerentola, su cui poi sono andati via insieme sabato scorso, secondo un disegno circolare che ha inteso lasciare al pubblico quel senso di compiutezza proprio delle grandi favole.
L’idea di fondo di Amadeus è chiara: coniugare la tradizione con la contemporaneità, rinnovando, nel profondo, il Festival della Canzone Italiana. Da qui, l’ingresso di volti nuovi e giovani del panorama musicale italiano e l’apertura a linguaggi musicali attuali, con un occhio attento a che tutti i brani avessero il giusto “abito” (ed arrangiamento) sanremese.
La scelta è vincente. Amadeus avvicina al Festival le nuove generazioni che, in gran parte, guardavano con distacco, e quasi con sospetto, una manifestazione canora troppo distante dalla loro sensibilità. D’altronde, il direttore artistico ha fatto una lunga e seria gavetta, prima come dj e poi come radiofonico: ha ben chiaro che senza pubblico il Festival non può avere futuro. Appare quindi “dolosa” la scelta di brani che nell’arco di un intero quinquennio si sono rivolti in modo trasversale all’intero pubblico di Sanremo, tenendo a mente le diversità di gusti che esistono tra i giovani ed i meno giovani, tra i differenti contesti sociali e le aree geografiche, nonché strizzando l’occhio anche all’internazionalità delle canzoni in funzione poi dell’Eurovision. In sostanza, Amadeus fa una scelta fondata sul “gusto” e da abile dj dimostra di avere la capacità di cogliere la musica giusta per il suo eterogeneo pubblico. Il risultato è evidente: in questi anni, Sanremo è diventato un fenomeno sociale, con le nuove generazioni che, specialmente nell’ultima edizione, sono tornate a riunirsi in casa con gli amici soltanto per assistere al Festival, così come si faceva una volta. A questo punto il contorno naturale e, allo stesso tempo essenziale, per il successo è stato il ruolo dei social che hanno dato vita ad un vero e proprio Festival parallelo dedicato, in particolare, ai meme. Un’ironia ben spinta soprattutto dai The Jackal, che, seppur indirettamente, hanno contribuito ad accrescere l’interesse per il Festival di chi è più abituato a scrollare le pagine social piuttosto che a cambiare canale con il telecomando. In tale solco, si colloca naturalmente anche il FantaSanremo, che ha visto partecipare piano piano i tanti artisti in gara.
Il successo discografico si registra poi nei numeri di stream da record che rappresentano solo una coerente conseguenza di tutto questo. Si pensi che all’ultima edizione Sanremo è stata la playlist più ascoltata su Spotify a livello mondiale. Numeri da capogiro che hanno fatto la felicità dell’industria discografica e che hanno confermato le competenze radiofoniche del direttore artistico.
A testimonianza di quanto descritto, si riscontra ad esempio come il cantautorato italiano, sugellato dalla vittoria di Diodato nel 2020, peraltro outsider in quell’edizione, si ritrovi poi l’anno seguente nella poesia di Ermal Meta. In quell’occasione però a trionfare fu il rock dirompente dei Maneskïn che spezzò in modo sorprendente la tradizione, arrivando sul tetto del mondo di lì a poco. Ancora, si ricorda il delicato connubio tra l’hip-hop di Mahmood e le melodie dolci di Blanco, formula vincente del 2022, o anche l’unione tra la canzone italiana e la modernità stilistica dei talent, con la vittoria di Marco Mengoni nel 2023. Anche in quelle edizioni, comunque, l’equilibrio è stata la parola d’ordine. Hanno infatti avuto accesso alla fase finale esponenti del cantautorato (come ad esempio Giovanni Truppi, La Rappresentante di Lista e Colapesce e Dimartino), della tradizione (si pensi a Gianni Morandi o a Massimo Ranieri), degli stream (vedi il giovanissimo Matteo Romano) e del rap (rappresentato, tra gli altri, da Lazza, Mr. Rain e Dargen D’Amico).
Ecco allora che la 74ª edizione costituisce l’acme di questo lungo percorso: tornano grandi nomi come I Ricchi e Poveri, Fiorella Mannoia e Loredana Bertè; si è attenti al bel canto italiano con Il Volo, senza dimenticare i nomi per i giovani, come Annalisa, Emma o Alessandra Amoroso, nonché per i giovanissimi, come Angelina Mango e Geolier. Non è un caso, infatti, che siano stati proprio questi ultimi due a contendersi la vittoria finale, all’insegna delle note polemiche. D’altronde, il Festival è sempre stata occasione di discussione anche dai toni accesi. Al riguardo però sia consentito di osservare come il regolamento che suddivide in tre parti il peso dei voti, tra televoto, sala stampa (Tv e Web) e radio, sia stato fatto proprio per arginare l’influenza del pubblico da casa. Tale distribuzione del peso dei voti fu creata dopo che, per diversi anni consecutivi, trionfarono al Festival solo artisti sfornati dai talent (anche perché obiettivamente potevano contare su di un seguito già educato al televoto). Oltre a questo, in più di un’occasione, si inneggiò allo scandalo per la sospetta influenza sul televoto dei centralini telefonici, acquistati da parte di alcuni artisti decisamente outsider poi arrivati sul podio. Certo, se l’intenzione di modificare il regolamento nel senso di limitare il peso del televoto era nobile, sta poi all’etica professionale dei giornalisti stabilire se ed in che misura erigersi a giustizieri, ovvero farsi portatori dei lecitamente diversi sentimenti popolari, ma questa è un’altra storia.
Ad ogni modo, risulta difficile non essere d’accordo sul fatto che, alla serata delle cover, l’esibizione di Angelina Mango con il brano del padre “La Rondine” abbia trasmesso emozioni da “brividi” (per dirla con Sanremo).
In questi anni, poi, il Festival “è andato forte” e ha aperto (quasi tutte) le porte ad una giovane generazione di compositori: da Dario Faini (Dardust) a Davide Petrella (Tropico), da Federica Abbate ad Alessandro La Cava, passando per Edwyn Roberts, solo per citarne alcuni, a conferma del rinnovamento partito dal ventre della kermesse. Resta evidente, comunque, che il Festival è “degli artisti” più che “delle canzoni”, ma Amadeus ha scommesso, vincendo, sul fatto che senza una buona qualità della “canzone italiana”, che è inevitabilmente la protagonista, non ci sarebbe stato futuro.
Hanno affiancato gli Amarello diverse conduttrici: da Laura Chimenti ed Emma D’Aquino a Matilda De Angelis, da Sabrina Ferilli a Chiara Ferragni, da Giorgia a Lorella Cuccarini. Tante poi le figure internazionali coinvolte: da Doković ad Ibrahimović, dai Black Eyed Peas a Russell Crowe. Il tutto nel nome dell’eterogeneità e dell’equilibrio.
Come sempre, il Festival non è stato soltanto una gara canora. Innumerevoli sono stati infatti i momenti emozionanti: nel 2020, il ricordo di Fabrizio Frizzi; nel 2021, l’Ariston vuoto a causa delle restrizioni dovute all’emergenza pandemica, con gli Amarello che hanno dovuto comunque reggere la scena, scrivendo una pagina significativa della manifestazione; nel 2023, la storica partecipazione del Presidente della Repubblica e, nel 2024, i monologhi della madre di Giovanbattista Cutolo e del Maestro Giovanni Allevi.
Amadeus arriva così a vantare il primato del numero di Festival condotti consecutivamente insieme a Mike Bongiorno e a Pippo Baudo, anche se è ben lontano dall’eguagliare il numero complessivo di Festival: undici per Bongiorno e ben tredici per Baudo. Infatti, il conduttore non ha chiuso alla possibilità di incontrarsi nuovamente in futuro, perché in fin dei conti anche per lui, come per tutti, “Sanremo è Sanremo”.

Crediti foto: Ufficio Stampa Rai.

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