“Fedora”, l’opera di Umberto Giordano dà il via alla stagione lirica del Teatro Municipale di Piacenza

Piacenza. Musica e spettacolo al Teatro Municipale di Piacenza dove alle ore 20 di venerdì 6 ottobre è ripresa la stagione lirica con la messa in scena dell’opera “Fedora” composta da Umberto Giordano, prima di due recite in calendario e penultimo appuntamento operistico del 2023.
“Fedora”, opera in tre atti ispirata all’omonimo dramma di Victorien Sardou messo in versi da Arturo Colautti, autore del libretto, è stata proposta in un nuovo allestimento in coproduzione con il Teatro Comunale “Pavarotti-Freni” di Modena.
Regia, scene e costumi sono curati da Pier Luigi Pizzi. Il colpo d’occhio offerto è entusiasmante e gli scroscianti e sinceri applausi finali mostreranno Pizzi visibilmente commosso e in lotta, a fatica, per trattenere le lacrime.
Prima della recita si annuncia che l’interprete di De Siriex, Simone Piazzola, va in scena nonostante un’indisposizione che lo ha colpito nelle ore precedenti l’inizio dell’esibizione. Il Municipale è quasi al completo: i posti lasciati vuoti, in platea e in galleria, sono infatti pochi.
Ottima la direzione del Maestro Concertatore Aldo Sisillo, che guida con gesti delicati e con un volto disteso improntato al sorriso l’Orchestra Filarmonica Italiana che ha il merito di conferire piena dignità ad una partitura gradevolissima. Da un punto di vista squisitamente musicale, “Fedora” rilassa con le sue amabili melodie che fanno di quest’opera un piccolo grande capolavoro, elemento che contrasta non poco con quello che è invece il tema della vicenda, narrante di interrogatori, spie, omicidi, equivoci ed inconsolabili rammarichi.
Il cast si rivela all’altezza e offre una prestazione positiva. Diversi gli interpreti sul palcoscenico, molti dei quali chiamati a recitare una piccola parte. Teresa Romano è una convincente Fedora.
Entra in scena, osserva la stanza, notando un Kandinski appeso al muro e canta l’aria “O grandi occhi”, lasciandosi trasportare da un senso vivo di partecipazione e sentimento. L’intonazione della Romano è perfetta, la voce esprime un suono compatto e colorito, gli acuti vibranti e risoluti sono evidenza della disperazione che attanaglia il suo personaggio.
Nel secondo atto occorre segnalare il lungo bel duetto con Luciano Ganci (Ipanov), che si avvia in pratica con l’inizio del racconto da parte del tenore (“Mia madre, la mia vecchia madre”), e scivola verso la conclusione evidenziando significative punte di pathos. Nel terzo atto, con “Dio di giustizia”, Teresa Romano suggella la sua grande serata.
A vestire i panni di Loris Ipanov, quindi, il tenore romano Luciano Ganci. Il suo esordio avviene con l’aria “Amor ti vieta di non amar”, uno dei pezzi più celebri di “Fedora”, la cui musica sarà ripresa poco dopo per il delicato intermezzo strumentale.
Un brano che non supera i due minuti, ma che è parecchio coinvolgente. Ganci lo esegue con sicurezza e passione e merita gli applausi del pubblico che fanno seguito alla sua performance. Ganci mette in mostra presenza scenica e intensità, il canto è partecipato e parecchio sentito (“Vedi, io piango…”). Il suo Ipanov è un uomo sfortunato: ha reagito al tradimento della moglie con un duplice omicidio e in pochi istanti verrà a conoscenza di aver perso madre e fratello, ma ciò non basta: dovrà pure assistere al suicidio di Fedora che gli morirà tra le braccia.
La vicenda è raccontata dal tenore con intensità crescente, le note della partitura esprimono quello che va ad assumere sempre più se sembianze di un dramma. Il pubblico è oltremodo coinvolto. Applausi anche per i bravi Simone Piazzola, baritono (De Siriex) e per Yuliya Tkachenko, soprano (la Contessa Olga Sukarev). Il loro simpatico beccarsi è espresso dalle due arie eseguite una dopo l’altra: “La donna russa è femmina due volte” e “Il Parigino è come il vino”.
Attraverso questi brani, De Siriex prima e la Contessa Olga poi presentano un ritratto esageratamente stereotipato delle signore russe e degli uomini parigini. I due scherzano, la Contessa cerca l’amore della vita e lo farà ben capire alla fine a De Siriex, accettando la sua proposta di fare una passeggiata in bici.
Si distingue anche il giovane e talentuoso pianista Ivan Maliboshka (Boleslao Lazinski, il “nipote e successore di Chopin”), che tra l’altro introduce al piano il tema del secondo atto che sarà poi ripreso dall’Orchestra. In conclusione, un ultimo flash sulla scenografia.
Nel primo atto, l’effetto della neve bianca che cade incessante dal cielo scuro è molto bello da vedere e ancor più, nel terzo atto, la terrazza nella villa svizzera di Fedora che dà sul mare. Le onde scorrono placide. All’orizzonte l’infinito, l’eterno, la pace.

Crediti foto: Gianni Cravedi.

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