Da Foggia a Los Angeles, i corti di Francesca Nobili sul grande schermo

Los Angeles. Animo ribelle, anticonformista. Ha iniziato fin da giovanissima ad appassionarsi all’animazione e ai corti. La sua creatività è stata notata fin da subito al punto tale da essere proiettata già sui grandi schermi attraverso le sue opere. Ha sperimentato vari processi creativi e questo le ha permesso di lasciare l’Italia per arrivare in una delle città più importanti: Los Angeles. Conosciamo meglio Francesca Nobili.

Ci puoi raccontare dei tuoi studi e del tuo percorso di formazione? In che modo hai scoperto la tua creatività ed è iniziata ad emergere?

La mattina dopo aver discusso la tesi in Giurisprudenza ho iniziato un master in scrittura creativa che mi ha permesso di entrare nel mondo della pubblicità. Da allora non ho mai smesso di aggiornarmi e studiare, seguendo master, corsi da autodidatta, a seconda di dove la mia creatività voleva e vuole tuttora andare. Dalla parola scritta sono gradualmente passata ad un linguaggio più visivo fino ad arrivare dove sono ora. L’animazione in stop motion è decisamente la forma di creatività che più mi rappresenta in questo momento. Ho imparato ad usare software, videocamere e luci quanto basta per “confezionare” l’unica cosa che conta: il risultato di un processo creativo e della sperimentazione di forme e materiali.
Da dove vengo, la creatività non è considerata, né come lavoro né come passatempo. Per questo ho iniziato tardi ad esprimermi. Grazie alla mia prima passione trasmessami da mio nonno, i libri, ho iniziato a scrivere i miei primi racconti a 13 anni. Erano tutti racconti brevi horror. Crescendo, la parola scritta è stata la luce nelle tenebre di una realtà molto difficile e priva di qualsiasi forma d’arte, mentre i film rappresentavano il mio “posto sicuro” e una vita migliore. Seguendo la parola, sono diventata copywriter, decisamente la forma di scrittura che preferisco. Gli insegnamenti di David Ogilvy mi hanno guidato e ispirato in questa carriera e nella vita privata. Ma a un certo punto la scrittura non mi bastava più. Avevo tutte queste storie nella mia testa da raccontare e non sapevo ancora come. E poi è arrivato Tim Burton, il genio che mi ha dimostrato che essere “strani” o “diversi” va bene, e puoi anche farci dell’arte. Sono una solitaria e anche quando creo preferisco farlo da sola o con una persona con cui in quel momento ho un’affinità creativa e di intenti. L’animazione a passo uno era la risposta ideale al mio bisogno. E così sono diventata una One-Woman-Film-Crew.

La tua creatività si è espressa in svariati modi fino ad approdare al grande schermo. Quali pellicole hai creato e quali premi e riconoscimenti hai ricevuto?

Il mio primo corto è stato “Ball Wednesday”, la breve storia triste di una pallina da bike polo. Grazie al mio ex marito, un artista di grande talento che mi ha sostenuto e guidato nelle fasi iniziali, ho inviato il corto al Bike Film Festival, il principale film festival dedicato al mondo delle bici, che si svolge nel corso di un anno intero in decine di paesi. E così la mia pallina ha fatto il giro del mondo!
Subito dopo, con l’aiuto della mia amica Sabrina Mornati, ho realizzato “Guacamole: A Gambling Recipe”, una ricetta animata in stile spaghetti western. Ed è stato un bel successo a diversi festival negli Stati Uniti e in Europa, oltre ad essere stato citato dal TimeOut New York tra i “film da non perdere” al Food Film Festival.
Appena arrivata a Los Angeles, ho realizzato “Amatriciana”, un mini-documentario in claymation sull’origine della ricetta. Un buon successo locale e un paio di premi.
E poi è stata la volta di “A Tale of A Sassy Little Girl”. E qui le soddisfazioni sono state enormi. Selezionato e proiettato a 25 festival, ha vinto 10 premi, tra cui “Best Sound Effect”, “Audience Award” e “Grand Prize Best Animated Short”, quest’ultimo ricevuto nel leggendario Chinese Theatre su Hollywood Boulevard.
La mia Sassy Girl mi ha fatto ottenere anche 2 premi personali: il “Wonder Woman Award” e il meno lusinghiero “Best Women Over 40” (probabilmente sono stata l’unica a dichiarare la vera età).
La passione che ci metto nel realizzarli e la totale libertà di espressione che i miei corti in stop motion mi danno me li fanno amare tutti con la stessa intensità, e ciascuno di loro mi rappresenta per quella che ero nel periodo in cui li ho realizzati. Come la mia vita, anche la mia tecnica e il mio stile sono in continuo cambiamento ed evoluzione.

Quali sensazioni ti ha trasmesso il cambio di luogo dall’Italia fino ad arrivare a Los Angeles e ad Hollywood?

È stato come se la mia creatività fosse stata messa sotto steroidi. Tutto in questa città è fonte di ispirazione e di opportunità. Così ho iniziato a curiosare in giro e in pochi mesi avevo già trovato la mia nuova grande passione, lavorare sul set nel dipartimento artistico. Tutti quei mondi che fino ad allora avevo costruito in miniatura e animato a passo uno, ora potevo costruirli in dimensioni reali e per attori in carne ed ossa. Magia pura. Mi è stata data l’opportunità e l’ho trasformata in una nuova carriera come Art director.

Durante la pandemia hai continuato a lavorare? Come hai fronteggiato questa nuova situazione?

È quello che stavo facendo quando è scoppiata la pandemia. Per fortuna, negli anni, mi sono inventata tanti di quei lavori nel campo della comunicazione, inclusa la direzione di doppiaggio che amo da impazzire, che ho potuto lavorare da casa al sicuro. Nel frattempo, ho finito di animare e montare “Bedtime Stories” e ho lavorato al sound design (altra cosa che amo fare); ho anche realizzato una mini fanzine (altra passione nata a Milano, ispirata da un’amica) da colorare, che si può scaricare gratuitamente dal mio sito e stampare a casa, per insegnare ai bambini a proteggersi dal Covid – 19, che è stata poi declinata in varie lingue e dialetti italiani in collaborazione con un’amica a Varese e una in Israele. Un progetto a cui sono molto affezionata.

Quali consigli daresti ad una persona che si vuole realizzare ed uscire da un ambiente soffocante che non stimola?

Per una che non sopporta di sentirsi dire cosa fare, cerco sempre di non dare consigli. Quello che posso fare è condividere la mia esperienza, e poi ognuno ne fa quello che vuole. Personalmente, quando mi sento soffocare, o semplicemente non motivata, scelgo di cambiare. È un processo doloroso, un trauma, ma anche eccitante. Succedono cose meravigliose quando usciamo dalla nostra comfort zone e iniziamo a fare ciò che ci piace. Ci ho ripensato. Ecco il mio consiglio: concediti sempre un’altra possibilità di perseguire la tua felicità.

Prossimi progetti?

“Bedtime Stories” è il mio ultimo corto di animazione. L’autoisolamento ha decisamente accelerato i miei tempi di produzione, ma ci sono voluti comunque 3 anni. Al momento è in post produzione e sono in attesa della musica originale che sarà composta da Steffen Schmidt, un compositore di straordinario talento che ho conosciuto ad un festival a cui siamo stati entrambi premiati. Questo corto è di un livello decisamente superiore a tutto ciò che ho fatto finora e spero mi porti di nuovo ad essere proiettata nel buio di una sala cinematografica, una sensazione indescrivibile e sempre da pelle d’oca. E chissà che non ne nasca l’opportunità per il mio prossimo cambiamento.

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