Suggestioni barocche ne “La tragedia del vendicatore” al Teatro Strehler

Milano. Dal 22 al 28 febbraio, al Teatro Strehler, torna in scena la regia “dark” firmata da Declan Donnellan per il Piccolo Teatro: “La tragedia del vendicatore”, classico barocco del giacomiano Thomas Middleton che tra ironia, intrighi, congiure e travestimenti, racconta la storia di una sanguinaria vendetta in una corte italiana del Seicento spaventosamente contemporanea.

Dopo le recite milanesi, lo spettacolo sarà in tournée a Londra (Barbican Theatre, dal 4 al 7 marzo), a Madrid (Teatro Valle-Inclán, dall’11 al 14 marzo) e a Sceaux, Francia (Les Gémeaux, Scène Nationale, dal 18 marzo al 2 aprile).

Salutato nella scorsa stagione da un successo straordinario di pubblico e di critica, torna in scena al Teatro Strehler – prima di partire nuovamente alla volta di una prestigiosa tournée internazionale – “La tragedia del vendicatore”, lo spettacolo con cui il britannico Declan Donnellan ha fatto riscoprire all’Italia l’autore barocco inglese Thomas Middleton.
In una non meglio precisata corte italiana, Vindice e Ippolito, figli di Graziana e fratelli di Castiza, si incontrano davanti al Palazzo del Duca. Vindice – come dice il nome – desidera vendicare a qualunque prezzo la morte della promessa sposa Gloriana, stuprata e avvelenata dal Duca poco prima delle nozze. Per riuscire nel suo ardito piano, dovrà travestirsi ed assumere i tratti dell’adulatore, entrando così nelle grazie dei potenti. Da quel privilegiato punto di osservazione, avrà modo di osservare come il tarlo della corruzione non solo sia inscindibile dal potere, ma abbia purtroppo iniziato anche a intaccare i membri della sua stessa famiglia.
È questo lo spunto che consente a Thomas Middleton, nei primi anni del Seicento, di costruire un dramma teatrale che è soprattutto una riflessione sugli intrighi, la corruzione, l’ipocrisia e la violenza connaturate nella vita politica del suo tempo. Maestro del teatro shakespeariano e delle sue riletture in chiave contemporanea, Donnellan punta i riflettori sull’ironia “nera”, sul paradosso, sulla febbrile malinconia che avvolge i personaggi, valorizzando, anche grazie a una divertente chiave “pulp” e a una colonna sonora travolgente, le straordinarie consonanze del testo originale con il nostro presente.

“Middleton e Shakespeare – spiega Donnellan – si affermarono in una Londra teatro di cambiamenti dirompenti. Era un tempo di boom economico e bancarotta, dominato da un disagio sociale destinato a sfociare nella rivoluzione che avrebbe, alla fine, completamente distrutto il contesto culturale dei due autori. Leggendo Middleton si percepisce una minaccia incombente, che cresce come un tumore invisibile fino a scoppiare, alimentata dal rancore e dall’ingiustizia. Ci parla di un governo corrotto, invischiato in loschi affari, di un popolo che si compra al prezzo dei beni di consumo. Descrive una società ossessionata dalla celebrità, dalla posizione sociale e dal denaro, dominata dal narcisismo e da un bisogno compulsivo di auto rappresentarsi per convincere gli altri – ma soprattutto se stessi – di essere buoni e belli”.

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