“Salome” di Richard Strauss torna al Teatro Massimo di Palermo a 20 anni di distanza

Palermo. Capolavoro del compositore bavarese Richard Strauss, “Salome”, su libretto di Hedwig Lachmann, torna al Teatro Massimo di Palermo dal 20 maggio alle 20.00, a vent’anni dall’ultima produzione. Sul podio dell’Orchestra del Teatro dirige la bacchetta del maestro Gaetano d’Espinosa, per un allestimento proveniente dalla Irish National Opera di Dublino, con la regia di Bruno Ravella, ripresa da Carmine De Amicis che cura anche la ripresa dei movimenti coreografici di Liz Roche. Scene e costumi sono firmati da Leslie Travers, le luci da Malcolm Rippeth. Repliche fino al 27 maggio. Dramma in un atto, tratto dall’omonima scandalosa pièce di Oscar Wilde, “Salome” è una sfida musicale di grande intensità per l’Orchestra, per la straordinaria ricchezza della partitura e per uno dei ruoli più impegnativi del repertorio per soprano solista. Ad interpretare la protagonista e la sua fascinazione sensuale e spirituale per il profeta Jochanaan è il soprano Astrid Kessler, mentre nella recita del 24 maggio sarà Nina Bezu, il baritono Tommi Hakala è il profeta e martire Jochanaan; il tenore Charles Workman è il tetrarca Erode; il mezzosoprano Anna Maria Chiuri la lussuriosa Erodiade; e il tenore Ewandro Stenzowski interpreta Narraboth, il capitano delle guardie che si uccide per Salome. Completano il cast Michela Guarrera (Paggio di Erodiade), Michael Gibson (primo ebreo), Raphael Wittmer (secondo ebreo), Marcello Nardis (terzo ebreo), Sascha Emanuel Kramer (quarto ebreo), Benjamin Suran (primo soldato / primo nazareno), Lukasz Konieczny (secondo soldato / quinto ebreo), Blagoj Nacoski (secondo nazareno), Mariano Orozco (un uomo di Cappadocia), Maria Cristina Napoli (uno schiavo). Orchestra del Teatro Massimo. Al debutto a Dresda nel 1905 l’opera fu accolta da uno clamoroso successo, accompagnato dallo scandalo per l’intreccio intriso di lussuria e morte della trama che elabora un passo del Vangelo di Matteo e del Vangelo di Marco, in cui Salome è corresponsabile del martirio di Giovanni Battista. La giovane e conturbante principessa Salome balla la danza dei sette veli ad un banchetto per il compleanno del patrigno Erode che la desidera e le offre in cambio della danza qualsiasi cosa ella possa desiderare. E lei, innamorata di Jochanaan (Giovanni Battista) e non ricambiata, chiede a Erode la testa del profeta su un piatto d’argento. Il re, riluttante, alla fine cede e fa decapitare Jochanaan. La vendetta spietata si compie e Salome, a cui il boia offre su un piatto d’argento la testa insanguinata del profeta decapitato, canta la sua tremenda passione e lo bacia. «Perché non mi hai guardato, Jochanaan? Hai mirato il tuo Dio, e me, me, me non hai visto. Se tu mi avessi amato. Il mistero dell’amore è più grande del mistero della morte». Sopraffatto dall’orrore, Erode ordina ai soldati di uccidere anche Salome. “Salome di Strauss utilizza come libretto l’omonima scandalosa pièce di Oscar Wilde, rappresentata per la prima volta nove anni prima – dice il regista Bruno Ravella, nato a Casablanca da genitori italiani e polacchi, formatosi artisticamente in Francia e a Londra dove risiede. “La trasformazione dalla pagina alla scena, e poi all’opera lirica, comporta numerose sfide, non ultima quella di gestire le aspettative del pubblico su un tema tanto sensuale quanto violento…Wilde trasforma Salome in una giovane donna che scopre la propria sessualità e il potere che essa comporta. Il suo atto di volontà consiste nel chiedere la testa di Giovanni Battista, affermando alla madre e a Erode: “Non ascolto la voce di mia madre. «È per il mio piacere che voglio la testa di Jochanaan su un vassoio d’argento». La parola “piacere” qui è centrale – prosegue il regista. L’amore di Salome è eros: il vecchio dio del desiderio. Quello di Jochanaan è agape, l’amore spirituale del nuovo dio verso i suoi seguaci…Quando Salome incontra per la prima volta Jochanaan – aggiunge Ravella – assistiamo al confronto di due mondi: l’Antico Testamento, un mondo di corruzione e decadenza, e il Nuovo Testamento nella sua purezza originaria. Abbiamo uno scontro tra due realtà, quella della mente e quella del corpo. Ciò che attira Salome verso Jochanaan è la sua purezza e la sua alterità rispetto a tutto ciò che lei ha conosciuto”. La scenografia, firmata da Leslie Travers, ambienta l’opera in uno spazio claustrofobico, l’interno di una grande cisterna d’acqua, simbolo di purificazione nei riti religiosi associato alla figura di Jochanaan, il Battista, che attraverso il battesimo possiede il potere di redimere dal peccato, mentre al centro un albero suggerisce vita, speranza, fecondità. “L’acqua – aggiunge il regista può anche rappresentare l’id, o ciò che giace sotto la superficie, ed è legata all’elemento femminile. Un’opera che inizia con la luna, da sempre associata al potere femminile, si conclude con una grottesca manifestazione di tale potere”. Sul podio torna, a pochi giorni dal debutto alla guida dei complessi del Teatro Massimo, il maestro Gaetano d’Espinosa. Direttore, compositore e solista, nato a Palermo, che ha studiato violino con Mihai Spinei e Salvatore Accardo, composizione con Turi Belfiore, pianoforte e filosofia. Si è rapidamente imposto a livello internazionale in campo operistico e sinfonico

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