Torino. Presentato lo scorso 17 maggio in anteprima al Salone Internazionale del Libro di Torino, “Pirandello mi fa un baffo”, edito da Terra Somnia Editore, è il secondo libro di Romina Caruana che dopo il successo di “Gli amori di Cucù” ritorna con una storia in cui la realtà e la fantasia si rincorrono.
Il libro è disponibile on line sulle principali piattaforme, mentre in libreria arriverà solo nel mese di luglio, dopo un’ulteriore presentazione tenutasi dal 5 al 7 giugno a Palermo presso i Cantieri Culturali “Alla Zisa.”
Il racconto, ben scritto e con un ritmo piacevolmente scorrevole, ambientato per la maggior parte nella Sicilia degli anni ’80 per poi spostarsi a New York, si apre con la narrazione di una catastrofe, che non è quella della tromba d’aria che si sta abbattendo su Villa Letizia “a casa do dutturi” ma si tratta della nascita di Alessandro, il fratellino di Eleonora, che all’età di 7 anni percepisce l’incomunicabilità familiare e la solitudine in cui viveva la madre Letizia.
Quest’ultima, per l’incapacità di ribellarsi agli ordini del marito Luigi padre/padrone, stimato pediatra, lascia che lui la umili e la controlli attraverso un’opera di isolamento fisico e affettivo, costringendola a interrompere qualsiasi rapporto con la propria famiglia d’origine.
Ad anticipare gli eventi tristi o felici sono sempre i venti, veri protagonisti della vita siciliana, onorati e temuti come dei – d’altronde lo stesso Eolo, dio dei venti, risiedeva in Sicilia – perché da loro dipendeva la vita dei contadini e dei pescatori.
E così la nascita di Alessandro è segnata dal vento di “scirocco, assordante e cupo come l’ululato di lupi nella notte” capace di strappare tende, ridurre i vetri in mille schegge, la nascita di Eleonora invece è accompagnata da “una tiepida brezza di fine estate”.
Mentre in “È solo un gioco di anime” Caruana opera un’accurata descrizione scientifica dell’autismo, cosa che le è valsa numerosi apprezzamenti, in “Pirandello mi fa un baffo” accenna solo alla dieta senza glutine e caseina come trattamento alternativo cui fa sottoporre il fratello una volta arrivato a New York.
Qui, infatti, vuole porre l’accento sugli abusi psicologici ed emotivi, le restrizioni e le privazioni che la protagonista, la madre, il fratello e persino la nonna paterna Maddalena subiscono nel desiderio tutti di ricevere amore da un uomo capace solo di punirli per la loro stessa esistenza.
Mentre Eleonora riesce a sottrarsi in qualche modo al suo destino fuggendo di notte e cercando fortuna a New York, la madre Letizia dopo 16 anni di lotta giudiziaria per avere la custodia del figlio non resiste e soccombe al dolore, colpita da una demenza senile precoce.
Alessandro, invece, rinuncia a qualsiasi richiesta, seppure semplice, come il fare una passeggiata in auto, stare all’aria aperta, o andare al mare, pur di non indispettire il padre.
Questo allora è il racconto del tentativo di Eleonora e di sua madre Letizia di regalare al fratellino la possibilità di condurre “un’esistenza normale”, nonostante l’autismo da cui è affetto, perché anche lui ha desideri e sogni da realizzare, nonché una grande abilità manuale nel modellare velocemente gli abiti.
Il desiderio delle due donne però si scontra ed è sopraffatto dal “dispotismo patologico” paterno, che porta sia Ale che il padre Luigi a trascinare la loro esistenza in uno stato di disagio psichico e fisico, ingabbiati in una villa isolata – un tempo simbolo di sfarzo e ricchezza – ora abbandonata e priva di qualsiasi cura, proprio come coloro che la abitano.
Eleonora immagina anche un finale in cui Alessandro ritorna a vivere con la madre ma è solo nella sua immaginazione, quasi a lenire il dolore di una realtà invece diversa, in cui bisogna ricorrere a quei piccoli momenti di felicità per superare i momenti difficili, quando l’impotenza di modificare il destino si avverte in tutto il suo peso.