Siracusa. Dal 9 maggio al 6 luglio il maestoso Teatro Greco di Siracusa ospita la 60ª Stagione delle Rappresentazioni Classiche, organizzata dalla Fondazione INDA. Un appuntamento ormai storico, che quest’anno propone al pubblico quattro capolavori del teatro antico: “Elettra” ed “Edipo a Colono” di Sofocle, “Lisistrata” di Aristofane e una suggestiva rilettura dell’”Iliade” di Omero.
L’antico anfiteatro, incastonato nella pietra e aperto sul mare e sul cielo, è da 60 anni meta privilegiata di studenti dei licei classici di tutta Italia. Per loro, e non solo, è un’occasione unica: vivere dal vivo ciò che hanno sempre e solo letto nei libri, respirare l’atmosfera senza tempo del mito, sentire sulla pelle l’intensità drammatica delle parole antiche, lasciarsi travolgere da emozioni che attraversano i secoli. In questo luogo senza tempo il teatro non è solo spettacolo, ma esperienza viva, dove cultura, natura e sentimento si intrecciano in modo irripetibile.
Questa possibilità che viene data ai ragazzi del liceo classico ripaga tutti i loro sforzi. D’improvviso i pomeriggi passati a studiare letteratura e a tradurre latino e greco sono un ricordo quasi dolce. Si sentono consapevoli e felici della scelta presa gli anni passati, fieri e privilegiati nel poter immedesimarsi in un uomo libero che, ad Atene, interrompeva ogni tipo di attività per potersi recare a teatro per una sorta di cerimonia collettiva, che interrompeva guerre e ogni tipo di fatica. Il teatro serviva per impartire insegnamenti, era un momento di pausa in cui il tempo si fermava in un idillio di arte, tre giorni di tragedie e drammi satireschi che smorzavano la tensione. Quando oggi gli studenti assistono a quelle stesse tragedie, partecipano a un rituale antico, fatto per pensare, sentire, capire.
Seduti sulle gradinate del teatro, l’eco delle battute degli attori vibra nelle vene, il pathos si riesce a toccare, si prova la catarsi di cui i libri parlano, si assiste a uno spettacolo suggestivo, in cui sulla scena gli uomini sono i protagonisti, ma dove anche la natura svolge un ruolo importante, creando una cornice che arricchisce il momento. Coinvolgente il naturale cambio di luci dovuto al tramonto, il rosato del sole che saluta il giorno che entra in scena e accompagna le battute, la notte che scende nel momento di massima tensione, il canto degli uccellini che recitano così le battute, in lontananza lo scrosciare di una fonte che dà ritmo alla scena.
“L’Edipo a Colono” ha una trama più statica, con meno movimento e tensione, solo tanto dolore reso in maniera palpabile dagli attori bravissimi. Edipo, vecchio e cieco, arriva a Colono con la figlia Antigone. Qui scopre che il luogo è sacro e che la sua morte porterà protezione alla città che lo accoglierà. Dopo conflitti con Creonte e il figlio Polinice, Edipo ottiene asilo da Teseo, re di Atene, e muore misteriosamente diventando una figura sacra.
“L’Edipo a Colono” è diretto dal regista Robert Carsen; a interpretare l’ultimo viaggio del re cieco è un intenso Giuseppe Sartori, che mette in scena un Edipo fragile e potente; Fotinì Peluso veste i panni di Antigone, Clara Bortolotti, invece, quella di Ismene, le due figlie dolci e preoccupate. Il carismatico Massimo Nicolini dà volto a Teseo, simbolo di giustizia e accoglienza, mentre Paolo Mazzarelli è un Creonte freddo e manipolatore. Sul palco anche Simone Severini (Polinice), Pasquale Montemurro (messaggero) e Rosario Tedesco ed Elena Polic Greco, che guidano il coro maschile, così preciso che sembra aver viaggiato nel tempo, teletrasportatosi direttamente da Atene. Francesco Morosi ha reso il testo più semplice, accessibile anche a chi la tragedia non l’aveva studiata in maniera approfondita, con battute chiare e toccanti, mentre la scenografia di Radu Boruzescu e i costumi di Luis Carvalho hanno resa perfettamente l’antico a cui i personaggi dovevano appartenere. Le luci, curate da Carsen stesso con Giuseppe Di Iorio, accompagnano la narrazione con sapienza, sfruttando anche il tramonto naturale che colora le pietre antiche di Colono, ricostruite simbolicamente sul palco.
“L’Elettra”, invece, molto più dinamica, ha fatto in modo che noi spettatori non togliessimo gli occhi dalla scena un momento, facendoci entrare in una dimensione fatta di intensità, emozione e coinvolgimento totale, dove ogni gesto, ogni parola, ogni sguardo sembrava parlare direttamente a noi. È un racconto di dolore e vendetta, che accompagna chi guarda in una dimensione alternativa.
“L’Elettra” vanta la regia di Roberto Andò. La protagonista è intensa, tormentata, interpretata da una Sonia Bergamasco perfetta nel suo dolore. Anna Bonaiuto veste i panni di Clitemnestra, la madre colpevole e complessa. Roberto Latini interpreta Oreste, il fratello deciso a vendicare l’assassinio del padre Agamennone, accompagnato dall’amico Pilade, interpretato da Rosario Tedesco. Le musiche sono Giovanni Sollima, la scenografia è firmata da Gianni Carluccio, i costumi di Daniela Cernigliaro restituiscono fedelmente l’epoca e l’anima dei personaggi, mentre il coro delle donne di Micene, guidato da Simonetta Cartia, accompagna l’azione rendendola maggiormente dinamica.
Questa stagione al Teatro Greco è un momento di riflessione sul presente, che conferma come i temi trattati da Sofocle, così come quelli degli altri tragediografi e commediografi antichi, siano ancora profondamente attuali. Gli studenti, in particolare, si trovano immersi in una lezione di vita che va ben oltre i libri di scuola, con un valore educativo che supera ogni altra attività didattica. La visione di questi spettacoli è la perfetta dimostrazione di come ciò che si impara a scuola possa diventare realtà.
Si viene calati, immersi, in un passato studiato, capace di impartirci insegnamenti e di stupirci in ogni battuta, in ogni cambio di luci, in ogni gesto compiuto sulla scena.
Il pubblico applaude con entusiasmo, catturato non solo dalla potenza delle storie ma anche dall’incanto del luogo e dalla passione e bravura degli interpreti. Tra le pietre millenarie, il mito continua a vivere, grazie anche all’impegno della Fondazione INDA, che da decenni sostiene e promuove il teatro classico italiano.
Con gli occhi un po’ lucidi dall’emozione di aver vissuto il passato si lascia il teatro, ancora incantati dalla bellezza di cui si è stati testimoni.
Crediti foto: Michele Pantano.