Il Maestro Daniel Harding è il nuovo Direttore Musicale dell’Accademia di Santa Cecilia

Roma. Daniel Harding, direttore d’orchestra britannico, ospite regolare delle più prestigiose orchestre internazionali, è stato nominato Direttore Musicale dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma a partire dalla stagione 2024/2025: si tratta di un incarico di cinque anni che lo vede alla guida della ben nota istituzione musicale della Capitale, tra le più antiche e prestigiose al mondo. L’Accademia vanta un’orchestra e un coro sinfonici tra i più accreditati in campo internazionale e Daniel Harding, che non ha mancato di esprimere entusiasmo per la sua nomina, ha un rapporto storico con Santa Cecilia risalente al 1997, quando debuttò sul suo podio ad appena ventidue anni, mentre era un giovane assistente di Claudio Abbado a Berlino.
Tale incarico segna un nuovo inizio per l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, con una stagione sinfonica che include un ciclo completo delle sinfonie di Gustav Mahler e un focus sui capolavori del XIX e XX secolo.
Nei giorni 5, 6 e 7 giugno Harding ha diretto la Sinfonia n. 2 “Resurrezione” di Mahler, secondo appuntamento dell’integrale delle Sinfonie del compositore e direttore d’orchestra austriaco, che in questa sua pagina monumentale affronta una personale meditazione sul ciclo della vita e sul significato dell’esistenza umana.
Preceduta dall’esecuzione, in prima assoluta, del brano “Il carro del tempo” del giovane compositore Enrico Scaccaglia, vincitore del Concorso di composizione dell’Accademia di Santa Cecilia intitolato a Luciano Berio, la Sinfonia ha riscontrato grande interesse e apprezzamento, suscitando un forte impatto emotivo.
Definita da molti critici come una delle opere più significative di Mahler e una delle composizioni più potenti della musica classica, si tratta sicuramente di un’opera complessa che richiede particolare attenzione e profondo ascolto per essere pienamente apprezzata.
La sua composizione occupò Mahler, tra varie pause, dal 1887 e il 1894 e, con una durata di circa 85 minuti, si trattava della sinfonia più lunga creata fino a quel momento. Esplorando temi di morte, perdita, resurrezione e speranza, la Seconda Sinfonia è molto apprezzata per la sua grandiosità orchestrale, la sua forte emotività e la sua profondità spirituale.
Nel 1904, in riferimento a un’esecuzione trionfale diretta dallo stesso Mahler, il compositore Ernest Bloch scrisse: “Non dimenticherò mai l’atteggiamento del pubblico all’uscita dal concerto: non discuteva, non teorizzava, non sezionava! No, aveva appena vissuto la vita, aveva appena rievocato le sue gioie e le sue pene, i dolori e le speranze”.
Si può dire, infatti, che essa non sia solamente una composizione musicale ma sia anche un lavoro filosofico il cui ascolto può rappresentare un viaggio intenso e drammatico dal buio alla luce. Fu lo stesso autore a dichiarare che essa tenta di rispondere alle domande “Perché siamo al mondo?”, “Esiste una vita oltre questa vita?” e i cinque movimenti che costituiscono la struttura dell’opera contengono sicuramente questi grandi temi dell’esistenza dell’uomo.
Il primo movimento è un Allegro maestoso, drammatico e potente che introduce il tema della condizione mortale dell’uomo; il secondo movimento è un Andante, più lento e riflessivo, e rappresenta un’apertura verso una dimensione di vagheggiata felicità; il terzo movimento, lo Scherzo, riguarda invece la multiforme complessità della vita, dove il senso dell’esistenza rimane ancora inafferrabile e l’uomo è in preda al dubbio. Si arriva così al quarto movimento, intitolato Urlicht (Luce primigenia), più lirico e spirituale: Mahler suggerisce che una possibile risposta agli interrogativi esistenziali può essere trovata nella fede. Il brano è una sorta di preghiera dove la voce umana fa la sua comparsa e intona le parole “Vengo da Dio e voglio tornare a Dio”. Infine il quinto movimento, dove la morte lascia spazio alla trasfigurazione verso una conclusione luminosissima: si tratta di un finale grandioso e trionfante che celebra la resurrezione e la vita eterna.
Pur essendo evidente la complessità della Sinfonia, la direzione di Harding è a dir poco magistrale ed egli si fa tutt’uno con l’orchestra che, a sua volta, non manca di rispondergli con risultati meravigliosi: l’esecuzione risulta potente, perfettamente controllata tanto da far percepire ogni singolo timbro, ogni dettaglio, dai pianissimi quasi immateriali, ai fortissimi esultanti e trionfali.
Gli ascoltatori, raggiunti dalle molteplici vibrazioni sonore, vengono colti da profonda emozione vivendo un’esperienza quasi mistica. Oltre all’orchestra superlativa, un elogio va anche al coro e alle cantanti, il soprano Genia Kühmeier e il mezzosoprano Gerhild Romberger, a completamento di un’esecuzione più che riuscita, con un pubblico commosso che ha tributato lunghi applausi agli interpreti e al loro direttore.

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