Napoli. Una nuova “Ospite illustre” viene accolta a Napoli dalle Gallerie d’Italia nell’ambito della fortunata iniziativa che consente lo scambio di opere d’arte con importanti realtà museali italiane e straniere. In questo caso siamo dinanzi alla “Dama con liocorno” realizzata da Raffaello Sanzio e appartenente alla ricca collezione della Galleria Borghese: il dipinto, ammirabile fino al prossimo 22 giugno, occupa il posto del caravaggesco “Martirio di Sant’Orsola”, momentaneamente in prestito presso le Gallerie Nazionali di Arte Antica – Palazzo Barberini per la celebre mostra “Caravaggio 2025”.
Il delicatissimo volto che ci osserva è purtroppo ancora sconosciuto e l’opera ha un passato turbolento che vale la pena raccontare: l’attribuzione a Raffaello è piuttosto recente, solo nel 1927 infatti – grazie allo storico dell’arte Roberto Longhi – si è avuta conferma della paternità e fino al XX secolo l’opera appariva ben diversa dallo stato attuale in quanto presentava i segni delle ridipinture che avevano trasformato la misteriosa dama in Santa Caterina, senza liocorno ma recante una ruota dentata e la palma del martirio. In precedenza il quadro era stato attribuito prima al Perugino, poi a Francesco Granacci e al Ghirlandaio, solo Giulio Cantalamessa avanzò alcuni dubbi e finalmente si ebbe certezza del suo autore alla fine degli anni Venti del Novecento.
Accurate indagini radiografiche hanno consentito di appurare che prima dell’unicorno il maestro urbinate aveva raffigurato un cagnolino – emblema di fedeltà – e ciò fa propendere per l’ipotesi che il dipinto fosse stato commissionato in occasione di nozze prestigiose. La protagonista, secondo alcuni, potrebbe essere Maddalena Strozzi che si unì in matrimonio con Agnolo Doni nel 1504, ma i dubbi permangono in quanto la fisionomia della giovane, ritratta con il marito sempre da Raffaello, possedeva occhi e capelli di colore ben diverso; pertanto le perplessità restano.
Quel che appare certo, però, sono i richiami alla “Gioconda” di Leonardo, opera che Raffaello conosceva sicuramente in seguito al suo trasferimento a Firenze, come testimoniano anche alcuni disegni del Sanzio e come suggerisce la postura della fanciulla raffigurata nel quadro.
Dal 1933 l’opera venne sottoposta ad una serie di indagini radiografiche da Achille Bertini Calosso e il restauro si deve ad Augusto Cecconi Principe: all’inizio venne effettuato il fissaggio del colore, poi la rimozione del supporto ligneo ed infine il trasporto della pellicola pittorica su una tela fissata al di sopra di una tavola di compensato. Solo grazie all’eliminazione delle sovrammissioni venne appurata la presenza di un unicorno. In seguito furono effettuati altri restauri, rispettivamente nel 1959 e nel 2000, e nel 2019 alcune indagini riflettografiche hanno permesso di rilevare nuovi dettagli nel dipinto.
I visitatori possono quindi apprezzare un quadro che racconta un passato burrascoso ed una storia che aggiunge fascino ed emozioni palpabili ad un dipinto di una bellezza disarmante. L’arte, d’altronde, ha ben ragione di esistere non soltanto per il diletto degli occhi ma per il vissuto che ogni opera cela al suo interno.