Milano. In scena nella sala A2A del Teatro Franco Parenti, dal 28 Ottobre al 9 Novembre, il gioiello del visionario drammaturgo Annibale Ruccello scritto nel 1986, poco prima di morire a trent’anni.
Indipendenza e amore, umorismo e rabbia. “Anna Cappelli” è un viaggio nell’abisso dell’anima, quella di una donna capace di sopravvivere all’orrore; è riflesso della condizione umana, in bilico tra il desiderio di autodeterminazione e la mancanza di risorse per realizzarlo.
A mettere in scena questa raffinata commistione di sottile ironia e tragicità Claudio Tolcachir, regista argentino sensibile e innovativo, riconosciuto a livello internazionale per la capacità di esplorare con empatia le complessità dell’animo umano.
Una gemma teatrale sul corpo di un’attrice unica, la pluripremiata Valentina Picello, anche Miglior Attrice Premio della Critica 2025 ANCT, Associazione Nazionale Critici di Teatro per gli spettacoli “Anna Cappelli”, “La gatta sul tetto che scotta” (in scena al Teatro Franco Parenti dal 10 al 15 Febbraio 2026), “Parlami come la pioggia” (produzione Teatro Franco Parenti, in scena dal 17 Febbraio all’1 Marzo 2026) e “Madri”. In scena l’attrice inventa e diventa, con rigorosa intensità e consapevole espressività, un personaggio inconsueto, pieno di contraddizioni. Commovente e imbarazzante allo stesso tempo.
“Un testo che si interroga sul ruolo della donna nel tempo. L’indipendenza, la prospettiva di futuro, la solitudine, la mancanza di mezzi e di risorse. Con umorismo pungente e assurdo questa pièce ci conduce attraverso i labirinti della mente di una donna che ciascuno di noi potrebbe conoscerla, incrociarla nella propria vita, ma potremmo anche essere lei. Sentirci così impotenti da prendere le decisioni peggiori. Al servizio di questo gioiello teatrale, Valentina Picello. La sua sensibilità, la sua immaginazione e l’infinita delicatezza del suo humor danno a questo testo una impronta unica e piena di aria fresca. Una proposta molto netta: questa donna, il pubblico, e la vita in mezzo a loro. Lo humor e la tragedia mischiati. Quel sorriso doloroso che ci attraversa e non ci lascia indifferenti”. Claudio Tolcachir.


